Speciale Conclave 2025, l'elezione del nuovo Papa
perché la chiesa parla una "lingua morta"

Dall'Extra omnes all'Urbi et Orbi: il Conclave raccontato attraverso le frasi latine

Viaggio tra le parole antiche che ancora oggi scandiscono il rito più solenne della Chiesa

08 Mag 2025 - 06:00
 © Istockphoto

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Nel cuore del Conclave, il latino non è solo una lingua cerimoniale, ma una grammatica del potere spirituale. Da Extra omnes all'Urbi et Orbi, ogni espressione custodisce un momento chiave del processo che porta all’elezione del Papa. Il linguaggio diventa liturgia, memoria, identità. Ma perché proprio il latino?

La lingua ufficiale della Chiesa

 Il latino non è una lingua morta: è il codice della solennità, della riservatezza, della continuità. È la lingua ufficiale della Chiesa cattolica, scelta nei secoli come segno di unità, neutralità e universalità. Una lingua non soggetta a evoluzioni locali che garantisce coerenza dottrinale e rituale in ogni angolo del mondo. Nel Conclave, come nella liturgia, il latino non è nostalgia: è precisione, è radice comune, è ponte tra generazioni. E finché quelle parole continueranno a essere pronunciate, il rito manterrà intatto il suo legame con la storia, con il sacro e con il mistero. Ecco tutte le formule latine che sentiremo pronunciare in attesa di conoscere il nuovo pontefice.

Extra omnes! (Fuori tutti!)

Il Conclave è cominciato con un’esclusione: Extra omnes! È la frase che ha segnato l’inizio ufficiale della riunione dei 133 Cardinali elettori per eleggere il 267mo papa della Chiesa cattolica. Letteralmente Fuori tutti! è stata pronunciata da monsignor Diego Giovanni Ravelli, Maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie subito prima della chiusura delle porte della Cappella Sistina. Un ordine secco, che separa simbolicamente il dentro dal fuori, chi ha il diritto di eleggere dal resto del mondo. 

In nomine Domini, incipimus (Nel nome del Signore, iniziamo)

 È una delle formule iniziali del giuramento dei cardinali, che recitano una promessa solenne di segretezza e lealtà durante il Conclave. Una formula che sottolinea l’origine divina del mandato, e il fatto che ciò che accade nel Conclave è prima di tutto atto di coscienza e fede.

Sic Deus me adiuvet (Così Dio mi aiuti)

 È la conclusione del giuramento personale che ogni cardinale pronuncia, a voce alta, toccando i Vangeli. Una formula che richiama la responsabilità individuale davanti a Dio e alla Chiesa. Non è solo rito, è vincolo morale.

Eligo in Summum Pontificem… (Scelgo come Sommo Pontefice…)

È l’incipit che ogni cardinale scrive sulla propria scheda segreta. Seguono poi nome e cognome del candidato. La formula, essenziale e potente, unisce l’atto della scelta all’investitura pontificia, ancora prima che venga accettata.

Habemus Papam (Abbiamo un Papa!)

La più celebre di tutte. Viene pronunciata dal cardinale protodiacono quando si affaccia dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro per annunciare al mondo l’elezione del nuovo pontefice. La formula completa è:

"Annuntio vobis gaudium magnum: Habemus Papam! Eminentissimum ac reverendissimum Dominum, Dominum [nome del cardinale], qui sibi nomen imposuit [nome del Papa]."

È una frase di gioia, ma anche di potere: l’annuncio è il punto di svolta che trasforma un uomo nel Papa, e un Conclave in storia. Nei prossimi giorni sarà pronunciata dal cardinale protodiacono Dominique Mamberti, attualmente Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, il massimo organo giudiziario della Chiesa cattolica.

Urbi et Orbi (Alla città e al mondo)

È la benedizione che il nuovo Papa impartisce immediatamente dopo l’annuncio dell’elezione. "Urbi" è Roma, la città eterna. "Orbi" è il mondo intero, la comunità globale dei fedeli. Questa formula racchiude perfettamente il doppio ruolo del Pontefice: vescovo di Roma e guida universale della Chiesa cattolica.

È anche un momento di altissimo impatto simbolico, mediatico ed emotivo: le immagini del nuovo Papa che benedice Urbi et Orbi vengono trasmesse in mondovisione e diventano il primo atto pubblico e spirituale del suo pontificato.

Altre formule latine

 Oltre alle grandi frasi ufficiali, il Conclave è punteggiato da espressioni più brevi, che nel tempo sono diventate parte del linguaggio comune della Chiesa e dell'immaginario collettivo.

Sede vacante (Quando la sede è vacante) è la formula che indica il periodo di interregno tra un Papa e il suo successore. Non è solo un fatto canonico: è anche un tempo sospeso, carico di attesa e significato.

Fumus niger e fumus albus (Fumo nero e fumo bianco) sono le espressioni usate per indicare l'esito delle votazioni. Non appartengono al linguaggio liturgico vero e proprio, ma sono tra le più riconoscibili e mediatizzate: un simbolo visivo che comunica al mondo intero, senza bisogno di parole il colore del fumo che proviene dal comignolo installato nella Cappella Sistina.

Annus vacans (Anno vacante) è una locuzione utilizzata soprattutto in ambito filatelico e numismatico, per indicare l'anno in cui la sede pontificia è rimasta priva di titolare.

Infine, Universae Ecclesiae (Per tutta la Chiesa) è un'espressione ricorrente nei documenti ufficiali e sottolinea la dimensione universale del pontificato, rivolto non solo a Roma, ma a ogni comunità cattolica del mondo. – "Per tutta la Chiesa": espressione ricorrente nei documenti post-Conclave.

Le storiche dimissioni di Benedetto XVI

 È stato proprio in latino, l’11 febbraio 2013, che Papa Benedetto XVI annunciò la sua rinuncia al pontificato davanti al concistoro dei cardinali. Lo fece con tono calmo e solenne, ma il significato fu dirompente: era la prima abdicazione papale in quasi 600 anni.

Il testo iniziava con le parole: "Declaro me ministerio Episcopi Romae renuntiare..." ("Dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma..."). Solo una persona, quella mattina, colse immediatamente il senso di quanto stava accadendo: la giornalista italiana Giovanna Chirri, vaticanista dell’Ansa, che conosceva il latino e lanciò per prima la notizia, battendo le agenzie internazionali di diversi minuti.

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