Il loro lavoro silenzioso resta confinato alla cura ma tiene in piedi l’evento più maschile della Chiesa
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Il conclave è uno degli eventi più solenni e blindati della Chiesa cattolica. Mentre i cardinali si riuniscono nella Cappella Sistina per eleggere il nuovo Papa, tutto – simboli, liturgia, rituali – parla maschile. Eppure, al di fuori di quella porta chiusa, sono tantissime le donne che rendono possibile ogni fase dell’organizzazione: dalle cucine della Domus Sanctae Marthae ai laboratori sartoriali, dagli uffici vaticani agli ambienti tecnici. Non contano i voti, ma fanno contare ogni dettaglio.
Tra chi prepara il momento più simbolico dell’elezione papale – l’affaccio del nuovo pontefice dalla Loggia delle Benedizioni – c’è anche Raniero Mancinelli, storico sarto ecclesiastico di Borgo Pio. Con oltre sessant’anni di esperienza, ha cucito abiti per Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Anche per questo conclave, ha preparato tre versioni della veste bianca papale in taglie differenti. Ma dietro quell’abito, come da tradizione, ci sono anche le mani femminili delle sarte che lavorano con lui: ricamatrici, cucitrici, artigiane che svolgono un lavoro di precisione, riservato, simbolicamente potente.
Nella Domus Sanctae Marthae, dove alloggiano i cardinali durante il conclave, tutto deve funzionare alla perfezione. E a garantirlo sono principalmente donne: governanti, cuoche, suore, inservienti, addette ai servizi. Preparano i pasti, tengono pulite le camere, gestiscono lavaggi e sanificazioni. Senza di loro, nessun conclave potrebbe iniziare. Eppure, il loro contributo non entra nel racconto ufficiale. È il lavoro di cura, umile e silenzioso che in un'istituzione a trazione prevalentemente maschile, i prelati di ogni grado delegano in automatico alle collaboratrici donne.
Tra i gesti quotidiani che accompagnano l’evento spirituale più importante della Chiesa, ce n’è uno che sa di casa e di semplicità: la pasta del conclave. Preparata dalle cuoche della Domus secondo la tradizione più sobria, è un piatto semplice e nutriente: pasta, burro, parmigiano e pepe nero. Una ricetta antica, legata alla frugalità dei conclavi medievali, che ogni giorno verrà servita ai cardinali elettori.
L’organizzazione tecnica del conclave coinvolge anche impiegate vaticane, collaboratrici nei dicasteri e professioniste laiche che si occupano di logistica, comunicazione e relazioni istituzionali. Tutte con ruoli operativi, nessuna con potere decisionale. La loro presenza è normale, ma la loro voce resta muta. E anche sul piano economico, il divario si riflette nei contratti, nei compensi, nelle gerarchie.
Con Papa Francesco qualcosa si è mosso. A partire dal 2020, il Pontefice ha cominciato a introdurre alcune novità storiche nella struttura vaticana, ampliando – per la prima volta in modo concreto – la presenza femminile nei ruoli di vertice, anche in organismi fino ad allora riservati esclusivamente agli uomini.
Nel 2021 ha nominato suor Nathalie Becquart sottosegretaria del Sinodo dei Vescovi: la prima donna con diritto di voto in un organismo che contribuisce a delineare le linee pastorali della Chiesa. Sempre nello stesso anno ha scelto Francesca Di Giovanni per un ruolo operativo presso la Segreteria di Stato e ha inserito donne anche nel Dicastero per la Dottrina della Fede, uno dei più delicati.
Nel 2022, con la nuova costituzione apostolica Praedicate Evangelium, Francesco ha formalmente aperto ai laici – uomini e donne – la possibilità di dirigere dicasteri vaticani, superando per la prima volta il vincolo dell’ordinazione sacerdotale. Episodi isolati, ancora, ma in un contesto gerarchico ancora dominato da una cultura clericale e maschile rappresentano importanti e iniziali spiragli di cambiamento.