E' uno dei casi di cronaca nera e giudiziaria che più hanno attirato e più attirano l’attenzione dell’opinione pubblica italiana. Una storia di cronaca iniziata in una calda mattinata di agosto e un interrogativo che, nonostante una sentenza di Cassazione, sembra non avere risposta: “Chi ha ucciso Chiara Poggi? E perché”. Per il delitto è in carcere il suo fidanzato dell’epoca, Alberto Stasi.
La cittadina della provincia pavese sale alla ribalta nazionale il 13 agosto 2007 quando Chiara Poggi, 26 anni, viene trovata senza vita nell’abitazione di famiglia, in via Pascoli. Il cadavere è rinvenuto dal fidanzato Alberto Stasi, di due anni più giovane. “Era già morta quando l’ho vista” dice agli inquirenti, raccontando di averla trovata riversa sulle scale.
Si mette in moto l’indagine, subito sotto la lente d'ingrandimento di telecamere e taccuini. Indagini con i mezzi dell’epoca: tabulati telefonici al setaccio, esame del Dna e rilievi nell’abitazione. Appare subito chiaro che non si debba cercare nel mondo della criminalità: non ci sono segni di effrazione e nemmeno di lotta. Chiara Poggi conosceva chi le ha tolto la vita. Gli inquirenti cominciamo a controllare alibi e vita di Alberto Stasi che dichiara di non aver lasciato tracce di sangue pur avendo camminato vicino al cadavere. Qualcosa non torna nel suo racconto.
Un mese dopo il delitto, il 18 settembre 2007, Alberto Stasi viene formalmente indagato con l’accusa di omicidio volontario. Da quel giorno si intensificano analisi scientifiche su scarpe, computer e impronte. Diverse perizie evidenziano incongruenze: ad esempio, si scopre che i pedali della bicicletta di Stasi hanno tracce riconducibili a lui ma non corrispondenti con quelle trovate sulla scena del crimine.
L’ultimo grado di giudizio rimette tutto in discussione. Il 18 aprile 2013 la Cassazione annulla l’assoluzione di Alberto Stasi e dispone un nuovo processo d’Appello, ritenendo che alcune prove non fossero state valutate correttamente. Tra queste le impronte, la camminata sui pedali, la dinamica dell’omicidio.
Il 17 dicembre 2014 si apre il processo d’Appello bis: Stasi viene riconosciuto colpevole e condannato a 16 anni di reclusione. I giudici tengono in particolar conto elementi come la camminata sulle scale della villetta e il Dna sotto le unghie di Chiara Poggi. Otto anni dopo, arriva la parola definitiva sul caso giudiziario: il 12 dicembre 2015 la Cassazione conferma la condanna a 16 anni. Il giorno stesso Alberto Stasi entra in carcere.
L'11 marzo 2025 Andrea Sempio riceve un avviso di garanzia per omicidio in concorso. Sempio all'epoca era un amico di Marco Poggi, fratello della vittima. La Procura di Pavia, guidata dal procuratore Fabio Napoleone e dal suo aggiunto Stefano Civardi, riapre il caso sulla base di nuove analisi del Dna trovato sotto le unghie di Chiara Poggi, ritenuto ora utilizzabile a fini giuridici.
Nel maggio 2025 la Procura dispone nuove perquisizioni, tra cui quella nell'abitazione di Andrea Sempio a Voghera. Durante la perquisizione vengono sequestrati dispositivi elettronici e un saggio scritto da lui nel 2013 sul delitto di Garlasco, redatto durante un corso di comunicazione a Pavia.