Secondo i pm il nucleo familiare aveva una rete per sviare le indagini. Riunione fiume dei Sempio con le zie dopo gli ultimi sviluppi dell'indagine
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Nuovo colpo di scena nell'ambito delle indagini sull'omicidio di Garlasco. La Procura indagherebbe su un presunto versamento di denaro da parte della famiglia Sempio all'allora procuratore aggiunto Mario Venditti, che firmò la richiesta di archiviazione. I genitori di Sempio sono stati ascoltati sette ore dagli inquirenti e uno dei biglietti trovati in casa - con l'annotazione "Venditti gip archivia X 20.30 €” - è ora oggetto di interpretazioni contrapposte: "A dire il vero non me lo ricordavo - ha spigato il padre Giuseppe, come riporta "Il Messaggero" - poi mi è stato detto che forse erano soldi per le marche da bollo o forse soldi da dare agli avvocati per prelevare dei documenti".
Per il legale Massimo Lovati è tutto tranne che una prova: "Quel pizzino fa ridere i polli - ha sostenuto - Non ha alcuna rilevanza, quel denaro in prestito non c'entra con la corruzione, ma serviva per pagare le spese legali, come hanno spiegato. Eravamo tre avvocati, più il genetista, probabilmente si sono fatti aiutare. Il problema è che qui c'è una caccia alle streghe. Figuriamoci se un procuratore si fa corrompere per quella cifra e per una causa vinta in partenza".
Il giorno successivo alle perquisizioni, la famiglia Sempio avrebbe tenuto una riunione fiume in una villetta alle porte di Garlasco, dove abita una delle zie di Andrea, anch’essa perquisita. Gli inquirenti hanno analizzato i movimenti bancari della famiglia, scoprendo versamenti per 43mila euro effettuati tra il 2016 e il 2017 proprio dalle due zie di Andrea, somme poi prelevate in contanti dal padre. Secondo l'accusa, quel denaro potrebbe essere stato utilizzato per influenzare il corso dell’inchiesta. La sera stessa delle perquisizioni, i genitori sono intervenuti in tv per difendere il figlio e negare ogni ipotesi di corruzione, parlando di "caccia alle streghe" e definendo "ridicoli" gli elementi contestati all'intero nucleo familiare.
La Procura di Brescia, che ha riaperto il caso, ha raccolto nuove prove anche grazie a intercettazioni ambientali. Una cimice piazzata nell'auto della famiglia Sempio ha rivelato che il giovane era a conoscenza di alcune delle domande che gli sarebbero state rivolte, ancor prima di entrare in Procura. Inoltre, il giorno prima dell’interrogatorio, il padre avrebbe parlato di un aiuto finanziario urgente e della necessità di ritirare un assegno. Tali elementi, uniti al promemoria rinvenuto in casa, rafforzano il sospetto che la famiglia stesse tentando di orientare le indagini e, come scrive "Il Messaggero", i pm sarebbero orientati a pensare che la famiglia Sempio avesse una rete per sviare le indagini. L'interrogatorio di Andrea Sempio, avvenuto il 10 febbraio 2017, è l'unico registrato agli atti. A condurlo fu proprio Mario Venditti, oggi al centro di un'indagine per corruzione e che si difende negando le accuse: "Non ho mai preso soldi da nessuno per la mia funzione".
Il 16 settembre scorso, il comandante del Ris di Cagliari, Andrea Berti, ha consegnato agli inquirenti una nuova analisi della scena del crimine basata su rilievi effettuati nella villetta di via Pascoli con droni e telecamere 3D. La relazione, protetta dal segreto istruttorio, suggerirebbe una dinamica diversa dell'omicidio rispetto a quella che portò alla condanna di Alberto Stasi. I nuovi elementi rimettono in discussione l'orario e la durata del delitto, pur escludendo la presenza di più persone sulla scena.
Ma l'accusa ad Andrea Sempio, oggi indagato in concorso con Stasi o con ignoti, si basa anche su un'altra prova: la cosiddetta "traccia 33", un'impronta palmare rinvenuta 18 anni fa vicino alle scale che conducono alla cantina. Grazie a nuove tecniche dattiloscopiche, la traccia risulterebbe compatibile con quella di Sempio. Tuttavia, la difesa afferma che l'impronta potrebbe essere stata lasciata in un momento precedente, durante una visita alla villetta con l'amico Marco Poggi.
A complicare ulteriormente la posizione di Andrea Sempio ci sarebbero anche tre telefonate effettuate alla casa dei Poggi tra il 7 e l’8 agosto 2007, giorni in cui Chiara si trovava da sola. Le chiamate di pochi secondi sono state spiegate dall'indagato come tentativi per sapere quando sarebbe rientrato Marco dalle vacanze. Inoltre, nel 2008 Sempio presentò uno scontrino del parcheggio di Vigevano come alibi per la mattina dell'omicidio.
Ci vorranno ancora una settantina di giorni per avere una risposta definitiva sull'analisi genetica della traccia rinvenuta sotto le unghie di Chiara Poggi, la giovane uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007. Si tratta di un reperto cruciale che ha riaperto l'inchiesta e fatto iscrivere il nome di Andrea Sempio nel registro degli indagati. Le prime indiscrezioni emerse durante l'udienza preliminare davanti al gip Daniela Garlaschelli suggerirebbero che la traccia non sia determinante. Come riporta "Il Messaggero", sarà un incidente probatorio a stabilire se la compatibilità riscontrata potrà sostenere l'accusa. Secondo la consulente Denise Albani, si tratterebbe di un "aplotipo parziale non consolidato misto", mentre l'esperto della Procura, Carlo Previderè, sostiene che il profilo genetico sarebbe "compatibile" con quello di Andrea Sempio.
C'è un altro elemento che verrebbe contestato, come indicato dal "Corriere della Sera": la consulenza genetica affidata a Luciano Garofano, ex comandante del Ris di Parma, che venne incaricato dai legali di Sempio per contrastare le conclusioni del genetista Linarello, consulente della difesa di Stasi, secondo cui il Dna trovato sotto le unghie di Chiara Poggi apparterrebbe proprio a Sempio. Garofano avrebbe ricevuto un pagamento di oltre 6mila euro, ma la sua consulenza non è mai stata depositata. L'ex generale ha respinto ogni accusa, ribadendo di aver svolto il lavoro su incarico privato e in modo del tutto legittimo.
Le indagini della Procura di Brescia si sono estese anche ad alcuni ex appartenenti alla sezione di polizia giudiziaria della Procura di Pavia. In particolare, due ex carabinieri - Giuseppe Spoto e Silvio Sapone - sono finiti nel mirino degli inquirenti per presunti "contatti opachi" con la famiglia Sempio. Anche se non risultano indagati, le frequentazioni tra i familiari e gli investigatori, avvenute poco prima dell’interrogatorio del 2017, sollevano dubbi sulla trasparenza dell'inchiesta originaria, portando a ipotizzare che Sempio fosse stato informato in anticipo dell'indagine e delle prove raccolte a suo carico.