LA TESTIMONIANZA

Famiglia ebrea aggredita in autogrill, il padre: "Preso a calci davanti a mio figlio, ha pianto per ore"

Parla Elie, 52 anni: "È partito tutto da un ragazzo alla cassa, poi si sono aggiunti gli altri. Una signora ha protetto il mio bambino"

29 Lug 2025 - 08:12

"Ero in autogrill quando un ragazzo, credo italiano, che era alla cassa, mi ha visto e ha iniziato a urlare 'Free Palestine'. Altre persone si sono unite e hanno gridato 'Assassini' e 'Genocidio'. Cercavo di tenere mio figlio dietro di me per proteggerlo. Poi sono finito a terra e ne hanno approfittato come animali prendendomi a calci nella pancia". È il racconto di Elie, 52 anni, il padre insultato e aggredito all'autogrill Villoresi Ovest, nei pressi di Milano, perché indossava la kippah.

Il video

 "Rientravo in città dopo una gita al lago Maggiore con il mio bimbo di 6 anni. Dovevo fermarmi perché in quel momento mio figlio aveva bisogno di andare in bagno: con lui sono andato in autogrill. È un ragazzo alla cassa che ha acceso la miccia. Gli ho risposto a gesti, dal momento che non parlo italiano, e gli ho fatto capire che doveva smetterla. Nel frattempo ho cominciato a filmare un video con il mio telefonino", spiega Elie al Corriere della Sera.

"Preso a calci in pancia"

 "Sono sceso al piano interrato dove si trovano i bagni. All'uscita la sorpresa: mi sono trovato davanti una decina di persone, hanno cominciato a chiedermi di cancellare il video. Mi sono rifiutato, e a quel punto tre di loro hanno cominciato a spintonarmi insistendo perché il video fosse cancellato", racconta Elie al Corriere. "Alcuni di loro erano di sicuro arabi, perché ho sentito pronunciare parole arabe rivolte a me. A quel punto ho perso di vista mio figlio che pochi secondi prima avevo per mano. Ma in quel momento dovevo pensare solo a difendermi perché ero circondato da più persone: sono finito a terra e ne hanno approfittato come animali prendendomi a calci nella pancia", aggiunge. "Poi uno mi ha tirato su e voleva colpirmi al volto, ma sono riuscito a impedirglielo. Ho cominciato a gridare 'Police, police, police' e solo a quel punto si sono fermati e sono ritornati al piano superiore", spiega.

"Mio figlio protetto da una signora"

 "Nella confusione della colluttazione ho intravisto a malapena mio figlio che fortunatamente una signora aveva tenuto in un angolo. Ho preso in braccio mio figlio, che piangeva a dirotto per quello che aveva visto, e sono tornato anch'io al piano superiore, dove gli aggressori non c'erano più. Dopo 10 minuti è arrivata la polizia in autogrill e sono stato interrogato per due ore per conoscere tutti i dettagli di quello che mi era successo. Ho avuto però l'impressione che gli agenti minimizzassero l'accaduto, considerando l'aggressione un fatto che capita loro di vedere di frequente", ha detto Elie al Corriere.

"Clima d'odio, me lo aspettavo"

 "Sono rientrato a Milano a casa di mia figlia, dove sono arrivato a mezzanotte con il bambino che non smetteva di piangere. Eravamo entrambi sotto choc e non potevamo affrontare il viaggio in quelle condizioni. Se me lo aspettavo? Francamente sì, per il clima d'odio che in Europa si è creato contro la comunità ebraica, ma non pensavo che accadesse a me e soprattutto in Italia che credevo un Paese tollerante, dove sentirsi al sicuro", ha concluso Elie.

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