Un precedente e un decreto di Papa Giovanni Paolo II consentono a un cardinale di eleggere il Papa anche senza presenziare alla riunione nella Cappella Sistina
Il Cardinale Vinko Puljić © Ansa
Il Conclave del 2025 potrebbe avere un motivo in più per entrare nella storia: potrebbe diventare la prima elezione di un Papa a sperimentare il voto a distanza. Una svolta, visto che la riunione dei cardinali per scegliere il Pontefice è per definizione "cum clave", cioè chiusa e isolata dall'esterno. In realtà, già Papa Giovanni Paolo II nel 1996 aveva previsto la possibilità per un prelato malato di votare al di fuori della Sistina. E così anche dopo la morte di Papa Francesco. Il cardinale emerito di Sarajevo, Vinko Puljic, potrebbe essere impossibilitato a recarsi nella Cappella Sistina il giorno del Conclave e dunque costretto a votare da Casa Santa Marta. Da parte sua, il prelato bosniaco ha assicurato di voler partecipare in persona all'elezione.
Puljic è dunque regolarmente giunto a Roma ed è motivato a recarsi nella Cappella Sistina. "Con l'aiuto entro", ha dichiarato. Ma non si può escludere che, in caso di aggravamento delle sue condizioni, sia costretto a rimanere a Santa Marta, residenza dei porporati durante il Conclave. Dall'albergo alla Sistina c'è più di un chilometro, i cardinali percorrono la distanza in navetta. Il cardinal Puljic, anche in sedia a rotelle, non avrebbe problemi a spostarsi ed entrare.
Nel caso il prelato bosniaco non riuscisse neppure a muoversi dal suo letto a Santa Marta, c'è già pronta la soluzione. La costituzione "Universi Dominici Gregis", promulgata nel 1996 da Giovanni Paolo II, permette il voto a distanza pure per il Conclave. Il documento prevede che tre cardinali elettori, detti "infirmarii", a ogni votazione lascino la Sistina e si rechino dal confratello malato, per farlo votare e riportare la sua scheda al Conclave. Non stupisce che una simile deroga sia stata concessa da Papa Wojtyla, che negli ultimi anni della vita ha conosciuto il peso della malattia e dell'infermità.
Il cardinale Puljic comunque ha affrontato difficoltà ben più grandi di questa. È stato nominato arcivescovo di Sarajevo nel 1991, e pochi mesi dopo è scoppiata la guerra in Bosnia. Il prelato ha passato anni sotto i bombardamenti, mobilitando le risorse della chiesa locale per aiutare profughi e persone colpite dai combattimenti. Puljic ha difeso a gran voce la libertà di religione e il diritto di vivere nella propria terra, contro ogni forma di pulizia etnica. Ha incontrato capi politici e di tutte le religioni, per promuovere il dialogo e la pacificazione fra cristiani e musulmani e tra cattolici e ortodossi. Questo lavoro gli ha guadagnato grande rispetto, ma anche aspre critiche. In un'occasione, è stato arrestato per 12 ore dai militari serbi.