Gli inquirenti cercano le prove della presunta corruzione in atti giudiziari dietro la prima inchiesta sul caso Poggi. I carabinieri chiedono al pm di poter "trattare il caso come terrorismo"
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Quarantacinque giorni per la "copia forense". Da quel momento in poi, altri due mesi per la selezione, da parte degli investigatori del Gico di Brescia, del materiale di "rilievo investigativo" sui presunti "rapporti" fra la famiglia Sempio e i vertici della Procura di Pavia e la polizia giudiziaria nel 2016-17. Sono i tempi - tre e mesi e mezzo totali - che la Procura di Brescia indica nel provvedimento di conferimento incarico per accertamento tecnico irripetibile su telefoni e pc sequestrati all'ex aggiunto Mario Venditti e al padre di Andrea Sempio, Giuseppe Sempio, nell'indagine sulla presunta corruzione in atti giudiziari dietro la prima inchiesta sul delitto di Garlasco che ha coinvolto il commesso di Voghera.
L'esperto di informatica forense Matteo Ghigo, che ha già svolto perizie e consulenze per Tribunali e Procure nonché corsi per gli investigatori del Ros, e che ha sviluppato software per il "recupero dei file cancellati e analisi mail" e l'acquisizione in modalità forensi di "conversazioni WhatsApp e Telegram", inizierà alle 15 di lunedì 3 novembre l'attività di estrazione della copia forense per riversare i dati, garantendone "l'integrità", in una "copia-mezzo". Quanto estratto verrà consegnato fra 45 giorni agli investigatori coordinati dalla pm di Brescia Claudia Moregola e dal procuratore Francesco Prete.
Agli investigatori coordinati dalla pm Moregola e al procuratore Prete, si legge nell'ultimo decreto di sequestro, sono concessi altri due mesi di tempo dal momento dalla consegna della copia-mezzo per cercare le prove di un eventuale "versamento di denaro agli inquirenti" anche "attraverso terzi soggetti" per "influire" sulle indagini su Sempio e sui "canali di monetizzazione del denaro".
La Procura intende anche acquisire i dati "a partire dal luglio 2014", quando Venditti diventa aggiunto a Pavia e quasi tre anni prima della presunta corruzione con i Sempio, per indagare i presunti "rapporti" tra il magistrato in pensione e gli ex carabinieri Silvio Sapone e Giuseppe Spoto, non indagati ed estranei all'accertamento tecnico irripetibile che non gli è stato notificato e quindi non potranno partecipare con un loro consulente di parte. Tutto questo mentre il Tribunale del Riesame di Brescia deve tornare a esprimersi sulla legittimità di quei sequestri e l'utilizzabilità di quei dati dopo aver annullato il primo decreto del 26 settembre con riferimento a tutto il materiale informatico.
La presunta corruzione passerebbe da quei "20-30 mila euro" riportati nel "pizzino" trovato in un'agenda-rubrica a casa Sempio. Secondo le indagini, "le modalità prospettate sembrano più vicine all'ipotesi di dover pagare in maniera occulta persone diverse piuttosto che i difensori di fiducia", hanno scritto le Fiamme Gialle in un'annotazione che parla di "anomalie". Il riferimento degli inquirenti è all'intercettazione ambientale del 10 febbraio 2017, quando in auto Giuseppe Sempio parlando in dialetto alla moglie aveva detto: "Dobbiamo trovare la formula di pagare quei signori". "Sicuramente intendevo gli avvocati parlando di quei signori lì - ha messo a verbale lo scorso 26 settembre l'operaio di Garlasco ora in pensione, sentito dopo la perquisizione disposta dalla pm -. Ogni prelievo fatto era sicuramente per gli avvocati". Ma per chi indaga non è così.
Non solo gli accertamenti informatici. Lunedì 3 novembre è anche attesa la prima udienza davanti ai giudici della libertà nel fascicolo parallelo sul "sistema Pavia", mentre deve ancora essere fissato il nuovo appello del "filone Garlasco", già annunciato dai difensori di Venditti, Domenico Aiello, e dal legale di Sapone, avvocato Massimo Marmonti.
Secondo quanto emerge dalla richiesta di "acquisizione dei tabulati telefonici" presentata il 16 luglio al procuratore Prete sulle utenze telefoniche intestate agli ex carabinieri Sapone, Spoto e Antonio Scoppetta, quest'ultimo detenuto e condannato a 4 anni e mezzo nell'inchiesta "Clean" della Procura di Pavia, i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano hanno chiesto alla Procura di Brescia di poter trattare l'indagine su Venditti e la presunta corruzione come un caso di terrorismo internazionale.
I militari che hanno riaperto a settembre 2017, nel 2020 e infine nel 2024 il fascicolo sull'omicidio Poggi hanno chiesto di attivare quanto previsto in materia di "conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico" dalla legge italiana del 2017 che ha recepito la direttiva europea sulla "lotta" e il "contrasto del terrorismo, anche internazionale" per poter agire "in deroga" al "Codice in materia di protezione dei dati personali". In particolare, si chiede di poter acquisire i tabulati degli ultimi 6 anni ("72 mesi") invece che gli ultimi 2 anni. Un arco temporale che comunque coprirebbe fino a metà del 2019, oltre 2 anni dopo la prima archiviazione di Andrea Sempio chiesta il 16 marzo 2017 da Venditti.