LE TESTIMONIANZE

Esplosione a Verona, "i Ramponi erano strani, lavoravano solo di notte" | Chi sono i tre fratelli fermati

Il gas come metodo anti-sfratto, il mutuo insostenibile, l'isolamento: i vicini descrivono Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi. Il sindaco di Castel D'Azzano: "Non hanno mai chiesto aiuto al Comune"

15 Ott 2025 - 08:41

"Lavoravano soltanto di notte" nel loro campo i tre fratelli fermati per l'esplosione che ha causato la morte di tre carabinieri e 25 feriti a Castel D'Azzano (Verona). È la testimonianza resa dai vicini di Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi. Una famiglia "strana e isolata dal resto del mondo, impoverita da un mutuo che definiva fraudolento" e che gli aveva "mangiato" la casa. Nel loro campo avevano solo "qualche mucca da cui ricavare il latte". Una vita così "grama" che, per resistere a un controllo nel loro casolare, non hanno esitato a far saltare tutto.

Il gas come metodo anti-sfratto

 La minaccia di saturare la casa di gas e poi di farlo scoppiare, i fratelli Ramponi l'avevano già messa in atto lo scorso anno, prima a ottobre e poi il 24 novembre 2024, per resistere all'arrivo dell'ufficiale giudiziario. Franco e Maria Luisa erano anche saliti sul tetto. Sul posto erano arrivati i vigili del fuoco, con carabinieri e polizia locale, che dopo una mediazione avevano evitato il peggio. Sostenevano di essere stati "ingannati" e che la sentenza del Tribunale di Verona che li sfrattava dal casolare era sbagliata.

Il mutuo e l'ipoteca su campi e casa

 La causa nasce da un mutuo che avrebbero sottoscritto nel 2014, con l'ipoteca di campi e casa. I tre avevano però sempre sostenuto di non aver mai firmato i documenti per il prestito, e che anzi le firme erano state contraffatte. "Con mio fratello lottiamo da cinque anni per ottenere giustizia", aveva dichiarato Maria Luisa Ramponi in un'intervista di un anno fa pubblicata dal Corriere della Sera. "Ha avuto un pignoramento ingiusto, gli hanno portato via tutta l'azienda agricola, terreni e adesso la casa. Oggi volevano fare lo sgombero e ci siamo opposti in tutti i modi. Abbiamo riempito la casa di gas per riuscire a lottare. Sono cinque anni che lottiamo con avvocati che si sono venduti, ci hanno rovinato, il tribunale fa di tutto per tenere nascosta questa cosa attraverso sentenze sbalorditive. Ci siamo trovati cinque anni fa una firma falsa in un mutuo e non si è più fermata la procedura per colpa degli avvocati".

Tre fratelli che vivevano isolati dal resto della comunità

 I vicini e gli esercenti del piccolo Comune a sud di Verona hanno poi delineato un'esistenza condotta dai Ramponi senza una rete di amicizie. In possesso dei tre fratelli rimanevano solo l'abitazione e un appezzamento di terra con una trentina di mucche. Si racconta che lavorassero quasi esclusivamente di notte, che vivessero praticamente solo del latte delle mucche e che fosse difficile vederli in giro.

Tutto è iniziato da un incidente del 2012 in cui morì un camionista

  Un altro tragico evento nella vita dei tre fratelli risale al 2012, considerato l'elemento che ha fatto scattare la "follia" e l'ossessione dei Ramponi. A gennaio uno dei fratelli aveva provocato un incidente in cui era morto un camionista di 37 anni, Davide Meldo, che sulla strada da Roncolevà tamponò con l'auto un trattore privo di luci e lampeggianti. Nell'impatto la vettura andò a fuoco e Meldo morì carbonizzato. "Papà e mamma morirono dal dispiacere un paio d'anni dopo, era il secondo figlio che perdevano in un incidente. Quello che guidava il trattore venne a fare le condoglianze con un altro signore ai miei genitori, ma io non c'ero. Per fortuna", ha raccontato la sorella della vittima, Valeria. Il processo stabilì la colpevolezza del membro della famiglia Ramponi e l'assicurazione non lo risarcì perché il trattore, al momento dell'incidente, aveva i fari spenti. Per pagare, i tre fratelli furono costretti a vendere parte dei loro campi e a chiedere un prestito alla banca. I Ramponi non avrebbero però mai restituito il denaro e pagato avvocati e spese legali, facendo accumulare gli interessi.

Il sindaco di Castel d'Azzano: "I Ramponi non hanno mai chiesto aiuto"

 I tre fratelli Ramponi "non erano seguiti, non si erano mai rivolti al Comune per chiedere aiuto. Erano chiusi in loro stessi, isolati", ha spiegato il sindaco di Castel D'Azzano, Elena Guadagnini. "L'anno scorso per la prima volta ci hanno manifestato il loro disagio, in quell'occasione ci siamo mossi noi. Li abbiamo convocati, abbiamo mandato raccomandate, abbiamo cercato di coinvolgerli e di manifestare la nostra disponibilità per un aiuto. Ma loro hanno sempre rifiutato. Siamo riusciti con un piccolo stratagemma a intercettare la signora Maria Luisa, la nostra assistente sociale è riuscita a instaurare un rapporto di fiducia". Da lì, ha proseguito la prima cittadina, "abbiamo tentato un rapporto di mediazione con le autorità preposte che stavano seguendo la vicenda. Abbiamo invitato la signora ad affrontare un paio di colloqui, ma lei è rimasta sempre fredda e ferma sulla sua posizione, uguale a quella dei fratelli: quella di non lasciare la loro casa".

Ti potrebbe interessare