Esplode casolare nel Veronese: morti tre carabinieri
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Sarebbe stata la donna a innescare volontariamente la deflagrazione. Un anno fa gli occupanti usarono il gas per evitare di essere sfrattati. Rinvenute sei bombole e molotov. Il sindacato dei carabinieri: "La tragedia non era imprevedibile"
Tre carabinieri (Marco Piffari e Valerio Daprà, entrambi di 56 anni, e Davide Bernardello, 36 anni) sono morti e venticinque tra militari, agenti di polizia e vigili del fuoco sono rimasti feriti in un'esplosione che si è verificata in un casolare di Castel D'Azzano, in provincia di Verona. Tre feriti sono stati trasportati in codice rosso in ospedale: la prognosi è riservata. Le forze di polizia erano intervenute per perquisire l'abitazione: al momento della deflagrazione - causata probabilmente dai suoi occupanti - all'interno c'erano tre persone, tre fratelli (due uomini e una donna). Sono stati tutti fermati. L'intero casolare, di due piani, è crollato travolgendo i militari e gli agenti. Sul posto erano presenti anche i vigili del fuoco che sono intervenuti immediatamente, ma per i tre carabinieri non c'è stato nulla da fare. L'esplosione è stata udita a 5 km di distanza. Un anno fa gli occupanti usarono le bombole di gas per non essere sfrattati. La Procura: "Arresto per omicidio premeditato, stiamo valutando il reato di strage".
Tra gli occupanti, Dino e Maria Luisa Ramponi, rispettivamente di 63 e 58 anni, sono rimasti feriti e sono stati fermati dai cc. Sarebbe stata proprio la donna a innescare l'esplosione, mentre i due fratelli si sarebbero trovati in una sorta di cantina. Il terzo fratello, Franco Ramponi, di 65 anni, si era allontanato dopo l'esplosione ma è stato rintracciato e fermato da militari in una campagna di sua proprietà. Non ha opposto resistenza. La deflagrazione è stata innescata dal piano di sopra.
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Decine di pompieri sono stati occupati a spegnere le fiamme che hanno avvolto la casa, completamente distrutta. Numerosi i mezzi del Servizio di urgenza ed emergenza medica (Suem) che hanno operato. L'intervento dei sanitari è stato tempestivo perché alcuni si trovavano già sul posto come supporto alle forze dell'ordine. Uno dei carabinieri morti è stato estratto dalle macerie.
Nella casa sono state rinvenute bombole di gas e quel che resta di molotov. I vigili del fuoco hanno recuperato 6 bombole che erano state collocate in più stanze della casa, e ora si trovano accatastate sul cortile. La casa era satura di gas fatto uscire, si presume, da più bombole vista la potente deflagrazione che ha fatto crollare lo stabile.
"Quella di Castel D'Azzano è una tragedia, ma non è un fatto imprevedibile", ha commentato Vincenzo Romeo, segretario generale di Pianeta Sindacale Carabinieri. "Ogni carabiniere, ogni giorno, sa che potrà accadere. È consapevole che il suo senso del dovere potrebbe portarlo fino all'estremo sacrificio. Questo vuol dire essere un carabiniere. Oggi è il giorno del dolore e del silenzio, e chiediamo a tutti i politici che in queste ore esprimono la loro vicinanza di operare domani, dimostrando con i fatti il loro sostegno, con provvedimenti che aspettiamo da anni e che ancora non si vedono. Altrimenti resteranno solo parole".
I fratelli Ramponi sostenevano di essere stati "ingannati" e che la sentenza del Tribunale che li sfrattava dal casolare era sbagliata. La vicenda nasce da un mutuo che avrebbero sottoscritto nel 2014, con l'ipoteca di campi e casa. I tre avevano però sempre sostenuto di non aver mai firmato i documenti per il prestito, e che anzi le firme erano state contraffatte. L'iter giudiziario era però arrivato fino alla decisione di esecuzione dell'esproprio.
I tre fratelli responsabili dell'esplosione, agricoltori e allevatori con problemi finanziari e ipotecari, erano già noti per due episodi avvenuti un anno fa. Nell'ottobre del 2024, Dino aveva riempito la casa di gas aprendo le bombole, facendo desistere l'ufficiale giudiziario dall'entrare nell'abitazione. Poco dopo, il 24 novembre dello stesso anno, per evitare lo sfratto si erano barricati in casa aprendo nuovamente il gas e minacciando di farsi esplodere. La strada era stata bloccata con l'intervento di vigili del fuoco e 118. Franco e Maria Luisa erano saliti sul tetto, rientrando poi con le rassicurazioni dei carabinieri.
"L'ufficiale giudiziario tornerà tra sette giorni e stavolta temo che e ci toccherà andare via", ammetteva quel giorno Franco, come si legge su L'Arena. L'azienda è stata divisa, dal giudice che segue la nostra causa da circa cinque anni, in tre lotti. Il primo, 14 appezzamenti, è già stato venduto. Adesso tocca al secondo: casa e stalla. Ci rimarrà solo un boccone di terra di circa quattromila metri quadrati: il terzo lotto, dove tengo allo stato brado una trentina di mucche. Mi mancano quattro anni alla pensione e mia sorella non lavora, accudisce me e mi fa da mangiare, dunque con questa azienda spezzettata e all'asta dobbiamo sopravvivere in due". E ancora. "Sono l'unico titolare e il tribunale mi contesta di non essere rientrato da un debito fatto con la banca, ma che io non ho firmato. È stato mio fratello Dino ad accedere al prestito che non ha onorato, solo che ha firmato col mio nome, perché sono io il proprietario. Ci sono perizie calligrafiche che parlano chiaro: quella non è la mia firma". Infine: "Ci hanno messo alle strette e a breve ci toccherà fare le valigie e sloggiare, probabilmente a dicembre - affermava Ramponi - magari riuscissi a trovare una stalla in affitto dove portare mucche e vitelle, così continuerei a lavorare. Ma per la casa? Io e mia sorella siamo sotto un ponte".
"È una tragedia incredibile, dei comportamenti assurdi. Da parte mia c'è un dolore incredibile". È stato il primo commento del procuratore capo di Verona, Raffaele Tito, giunto sul posto dell'esplosione. "Dovevamo eseguire un decreto di perquisizione, si cercavano anche delle bottiglie molotov. Carabinieri e polizia hanno cercato di agire in massima sicurezza e con tutte le attrezzature necessarie. Ma l'esito è stato inaspettato e molto doloroso", ha aggiunto.
L'arresto "è per omicidio premeditato, per noi e per i carabinieri su questo non c'è alcun dubbio. Stiamo valutando anche il reato di strage", ha detto ancora il procuratore di Verona.
In seguito alla tragedia di Castel d'Azzano (Verona), il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, ha firmato il decreto che proclama il lutto regionale per tre giorni e per il giorno in cui saranno fissate le esequie dei carabinieri morti. In questi giorni su tutto il territorio veneto è previsto che vengano esposte le bandiere a mezz'asta nelle sedi istituzionali. Zaia ha dato comunicazione del decreto alla Prefettura di Venezia per la più ampia diffusione a tutte le istituzioni.