Non solo terrorismo

Dopo la tragedia di Verona, riflettori sui reparti speciali dei carabinieri: addestramento, missioni, rischi (e stipendio)

Tre militari morti durante uno sgombero ad alto rischio: facevano parte delle forze speciali dell'Arma. Chi sono questi uomini, come si preparano e quanto guadagnano?

14 Ott 2025 - 16:16
 © Ansa

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L'esplosione del 14 ottobre a Castel d'Azzano, nel Veronese, ha scosso profondamente l'opinione pubblica italiana. Tre carabinieri - il luogotenente Marco Piffari, il brigadiere capo Valerio Daprà e il carabiniere scelto Davide Bernardello - sono morti mentre partecipavano a un'operazione di sgombero, supportata dai reparti speciali dell'Arma. L'edificio, un casolare pignorato da anni, era stato saturato di gas da tre fratelli che vi abitavano e che da tempo avevano minacciato di farlo esplodere in caso di sfratto. Quando le forze dell'ordine sono entrate, l'esplosione ha avuto effetti devastanti, causando il crollo dell'edificio e ferendo anche numerosi altri operatori. La presenza delle forze speciali in operazioni come questa, considerate ad altissimo rischio, non è casuale: questi reparti sono addestrati per affrontare situazioni estreme, spesso al limite della prevedibilità. Ma chi sono davvero questi uomini? Come vengono scelti? Qual è il loro addestramento, e quale il prezzo, umano ed economico, che pagano per servire lo Stato?

Le unità speciali dell'Arma: GIS, API, Tuscania

 All'interno dell'Arma dei Carabinieri operano diversi reparti speciali, ciascuno con compiti specifici e livelli di preparazione che li rendono unici. Il più noto è sicuramente il GIS (Gruppo di Intervento Speciale), fondato nel 1978, in pieno clima di emergenza terrorismo, come risposta alla necessità di un'unità altamente addestrata in operazioni di liberazione ostaggi e antiterrorismo. Si tratta di un reparto d'élite che oggi rientra nella 2ª Brigata Mobile Carabinieri e che, in caso di operazioni all'estero, può essere posto alle dipendenze operative del Comando interforze per le Operazioni delle Forze Speciali (COFS). Gli operatori del GIS sono scelti tra i migliori militari dell'Arma, dopo un percorso di selezione e formazione tra i più duri in ambito nazionale.

Accanto al GIS operano anche le API (Aliquote di Primo Intervento), reparti mobili che garantiscono la prontezza operativa in ambito urbano, specializzati nella risposta rapida ad attacchi terroristici o eventi critici. Un altro reparto fondamentale è il 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti "Tuscania", storicamente impegnato in operazioni militari e missioni internazionali, oggi riconosciuto come forza speciale di livello Tier 2. Completano il quadro i reparti "Cacciatori", attivi in aree rurali e montane, esperti in attività di perlustrazione, cattura latitanti e sorveglianza ambientale ad alta intensità.

Selezione e addestramento: percorso d'accesso durissimo

 Diventare operatore di uno di questi reparti non è solo questione di capacità fisiche: servono resistenza mentale, equilibrio psicologico e spirito di sacrificio. Le selezioni sono tra le più severe dell'intero comparto difesa-sicurezza italiano. Per accedere al GIS, ad esempio, occorre avere già una solida esperienza nei reparti operativi dell'Arma. Le selezioni comprendono test psicofisici, prove di resistenza, simulazioni ad alta intensità, tiro dinamico, combattimento corpo a corpo, tecniche di irruzione, gestione di esplosivi, e conoscenze specifiche su alpinismo, topografia e interventi in ambienti urbani o ostili.

Una volta superata la selezione, l'addestramento prosegue per mesi e comprende esercitazioni pratiche, missioni simulate, formazione con reparti internazionali e training sotto stress. Questo percorso non termina mai del tutto: gli operatori si sottopongono regolarmente a sessioni di riqualificazione e aggiornamento, mantenendo un livello operativo altissimo. Anche per i membri delle API e del Tuscania la formazione è continua e specialistica, calibrata sui compiti specifici di ciascun reparto. Si tratta di una carriera che comporta costanti sacrifici, lontananza dalla famiglia, massima riservatezza e un carico fisico e mentale enorme.

Compiti operativi e scenari ad alto rischio

 Le missioni che vedono coinvolti i reparti speciali dei carabinieri sono, per loro stessa natura, ad alto tasso di pericolosità. Il GIS, in particolare, è chiamato a intervenire in contesti estremi: liberazione ostaggi, neutralizzazione di minacce terroristiche, arresto di criminali barricati, perquisizioni complesse in ambienti contaminati o potenzialmente esplosivi, scorta a personalità in aree ad alto rischio, cooperazione in missioni internazionali. Gli uomini del Tuscania sono impiegati anche in operazioni militari all'estero, spesso in collaborazione con altri corpi speciali delle Forze Armate italiane.

Le API garantiscono invece la prima risposta rapida in caso di attacchi improvvisi, con una capacità di reazione sul territorio estremamente elevata. L'episodio di Verona rappresenta in modo tragico quanto anche un'operazione apparentemente circoscritta – come uno sgombero – possa trasformarsi in un evento letale. I carabinieri intervenuti erano consapevoli del pericolo: già in passato gli occupanti avevano minacciato di farsi esplodere. Eppure, pur con tutta la preparazione, il rischio non è stato evitabile. Un'esplosione improvvisa, probabilmente innescata all'apertura della porta, ha avuto conseguenze devastanti. Questi scenari sono la quotidianità di uomini e donne che, nell'ombra, affrontano pericoli che la maggior parte delle persone non può nemmeno immaginare.

Quanto guadagnano: tra rischio e retribuzione

 Una delle domande più frequenti riguarda la retribuzione di questi militari. Secondo i dati aggiornati, un carabiniere appena entrato in servizio guadagna circa 1.400 euro netti al mese. Salendo di grado, con l'anzianità e le responsabilità operative, si possono raggiungere stipendi più alti, ma non esorbitanti. I membri del GIS ricevono un'indennità speciale di circa 197 euro lordi al mese, a cui si possono aggiungere compensi per missioni, rischio operativo, straordinari, trasferte e attività particolarmente pericolose. Tuttavia, il divario tra l'esposizione al pericolo e la retribuzione resta ampio. Anche i membri delle API e del Tuscania godono di indennità specifiche, ma si tratta sempre di cifre contenute rispetto alla posta in gioco quotidiana. È per questo che, tra gli stessi operatori, è diffusa l'idea che "non si fa questo lavoro per lo stipendio", quanto piuttosto per senso del dovere, appartenenza e spirito di servizio. Il riconoscimento, economico e sociale, resta però un tema centrale, soprattutto quando il prezzo pagato è, come a Verona, quello della vita.

Dopo Verona: sicurezza e consapevolezza

 La tragedia di Verona solleva inevitabilmente interrogativi su come migliorare la sicurezza degli operatori nelle missioni ad alto rischio. Alcuni esperti sottolineano la necessità di dotarsi di strumenti più avanzati per la rilevazione di gas, sensori ambientali, droni esplorativi o robot da impiegare prima di fare irruzione in ambienti potenzialmente pericolosi. Allo stesso tempo, occorre un investimento costante in formazione, tecnologia e supporto psicologico. La perdita di tre carabinieri in un'unica operazione mostra quanto il confine tra l'efficienza e la tragedia possa essere sottile. Ma oltre agli aspetti tecnici, resta il valore umano di chi ogni giorno affronta minacce invisibili. Il sacrificio di Marco Piffari, Valerio Daprà e Davide Bernardello non può e non deve essere dimenticato. Essi rappresentano una parte spesso invisibile dello Stato: quella che agisce in silenzio, senza clamore, per garantire sicurezza, legalità e protezione. Guardare con consapevolezza e rispetto al lavoro delle forze speciali significa non solo onorarne la memoria, ma anche chiederci come possiamo fare di più per proteggerli.