A "Morning News" parla il papà di una delle ragazze morte nella strage per cui è stato condannato anche Andrea Cavallari
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Risulta ancora latitante Andrea Cavallari, il 26enne condannato a 11 anni e 10 mesi per la strage di Corinaldo (Ancona)del 2018. Il ragazzo aveva ottenuto il permesso di uscire dal carcere per laurearsi in giurisprudenza, ma dopo la discussione della tesi è riuscito a scappare e non è più rientrato in carcere. A "Morning News" interviene Fazio Fabini, il papà di Emma, una delle ragazze che hanno perso la vita nella discoteca "Lanterna Azzurra" dove è avvenuta la strage.
"Il nostro sentimento è un sentimento di sdegno e grande dispiacere che si unisce ai tanti altri dispiaceri che abbiamo provato nel corso di questi quasi 7 anni dalla tragedia. Io vorrei semplicemente fare un appello a chi di dovere, chiedendo di lasciarci in pace e di rispettare i nostri diritti. In tutta questa vicenda, se ci sono dei veri innocenti, quelli sono le vittime. Tutti gli altri hanno in qualche modo delle colpe", spiega ai microfoni del programma di Canale 5 Fazio Fabini. E prosegue: "Noi ci siamo sentiti molto lontani dalle autorità che, a parte quelle che hanno indagato come i carabinieri e coloro che hanno condotto le indagini che si sono comportati in modo professionale ed estremamente umano, per il resto abbiamo visto una grandissima distanza da parte delle autorità e dello Stato. Avrei voluto giustizia che significa anche, per noi genitori e famigliari, chiudere il più velocemente possibile questa vicenda".
Riguardo alla fuga di Andrea Cavallari, l'uomo precisa: "Sicuramente il giudice tutelare si è comportato secondo la legge e gli ha dato i permessi che gli era possibile dare. Però, a una persona così...". Fabini, infine, parla anche delle vittime. "Le vittime, a mio parere, sono altamente emarginate. Abbiamo poco spazio nel processo e si parla poco delle vittime. Mi auguro che sia una mia impressione, ma a me sembra di essere in tribunale un fastidio per tutto il baraccone. In un'aula della Corte d'Appello, per esempio, i nostri avvocati di parte civile erano relegati su una sedia, senza neanche un tavolo su cui appoggiare le carte e noi parenti delle vittime in piedi perché non c'erano sedie", conclude l'uomo.