La piattaforma cinese non avrebbe verificato l'età degli iscritti, non tutelando così la privacy dei minori di sedici anni come prescrivono le norme del Paese
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San Marino-Tik Tok uno a zero. Anzi, 3 milioni e mezzo a zero. A tanto ammonta in euro la multa che il terzo Stato più piccolo d'Europa ha elargito al colosso cinese, creando un precedente che potrebbe valere in futuro anche per altre Nazioni in giro per il mondo. Per questioni di... privacy. Il Davide sanmarinese ha battuto il Golia asiatico anche in tribunale, dopo che la piattaforma aveva impugnato il ricorso nella speranza di vedersi annullare la milionaria sanzione. Niente da fare: i giudici del Titano hanno respinto le rimostranze di TikTok, confermando su tutta la linea la decisione del garante e rifiutando quindi la richiesta di rimborso della cifra, pagata dal social lo scorso febbraio. Ora gli avvocati della piattaforma possono ancora ricorrere in appello ma la conferma della sanzione resta un risultato da ricordare per l’Autorità garante della protezione dei dati personali di San Marino.
La multa è dovuta al fatto che TikTok, secondo l'organo del Paese, non adotterebbe sufficienti misure per verificare l’età dei suoi utenti. Stando al comunicato dell'Autorità: "Il titolare del trattamento non risulta essersi adoperato per verificare adeguatamente che il consenso sia prestato o autorizzato da utenti maggiori di 16 anni, o in caso di utenti minori di anni 16, dal titolare della potestà genitoriale sul minore".
Occorre quindi ricordare che la norma sammarinese prevede come i ragazzi sotto tale età possano iscriversi solo previo consenso di mamma e papà, ricalcando in questo quanto suggerito dal GDPR, il regolamento dell’Unione Europea per la protezione dei dati personali. Un regolamento che ha tra i suoi punti critici proprio la verifica dell’età, difficile da controllare per le piattaforme anche per motivazioni strettamente tecniche. Per questo i social network spesso provano a bypassare il problema alla radice, chiedendo all'utente quando si iscrive una sorta di "autocertificazione", nella speranza che questa possa poi bastare. Un modus operandi ingiustificabile per San Marino, piuttosto rigido sulla questione e già uscito vincente in una querelle simile con l'altro grande concorrente di TikTok.
L'anno scorso ad arrendersi al Titano era stata Meta, la società che gestisce Facebook, Instagram e WhatsApp, costretta a scucire un milione di euro per ragioni simili a quelle contestate al rivale cinese. Anche in quel caso i ricorsi in appello non erano serviti alla società di Mark Zuckerberg, costretta a metter mano al portafoglio per espiare le proprie colpe. Viene tuttavia da chiedersi quale sia la ragione della differenza di cifre tra la multa rifilata a TikTok e quella comminata a Meta. In poco più di dodici mesi non può esserci stata un'inflazione tanto galoppante nella Repubblica.
A spiegare le motivazioni del diverso trattamento pecuniario ci ha pensato a Il Corriere della Sera l’avvocata Patrizia Gigante, rappresentante dell'Autorità sanmarinese: "All’epoca Facebook recepì le nostre osservazioni e si fece parte attiva. Ci mandò una relazione in cui esponeva le sue giustificazioni. Non le ritenemmo fondate e procedemmo con la sanzione ma abbiamo riconosciuto alla società il fatto di aver quantomeno risposto alla richiesta di chiarimenti". Un atteggiamento molto diverso da quello tenuto da TikTok, che ha sostanzialmente fatto orecchie da mercante fino alla notifica della sanzione.
Il conto salato pagato dai giganti del web potrebbe rappresentare ovviamente un casus belli da tenere in considerazione nel prossimo futuro. Un esempio di come comportarsi in questi casi anche per Paesi più grandi, che spesso fanno fatica a far valere le proprie ragioni di fronte a conglomerati tanto gargantueschi nelle loro dimensioni. L'Italia per esempio si interroga ancora su quale sia il modo migliore per garantire controlli adeguati sull'età.
Le proposte sul tavolo non mancano, dalla possibilità di introdurre un sistema di verifica basato sui documenti d’identità all'idea di innalzare l’età minima per il consenso digitale a 15-16 anni, ma non si è scelta ancora una linea comune e univoca. Questa potrebbe venire battezzata presto a livello europeo, magari sfruttando l’introduzione di uno strumento come il "Portafoglio europeo dell’identità digitale" (EUDI Wallet) il prossimo anno. Intanto San Marino si è tolto lo sfizio di aprire la strada ai suoi "fratelli" più grandi", mostrando come anche certe multinazionali apparentemente intoccabili possano piegarsi alla legge e al buonsenso.