la corte di assise di bologna

"Saman uccisa dal clan familiare, non sopportava la sua autonomia": le motivazioni della sentenza

Per l'omicidio della 18enne pachistana sono stati condannati all'ergastolo i genitori e due cugini mentre è stato condannato a 22 anni di carcere uno zio

09 Set 2025 - 18:57

L'omicidio di Saman è stato premeditato dal clan familiare, che non sopportava il desiderio di autonomia della ragazza. Lo scrive la Corte di assise di appello di Bologna nella sentenza di condanna all'ergastolo per i genitori, i due cugini e a 22 anni per lo zio della 18enne pachistana uccisa la notte tra il 30 aprile e l'1 maggio 2021. La determinazione omicida, si legge, è stata assunta "dal clan con fredda lucidità e programmata per un congruo lasso di tempo, ritenendosi insopportabile il fatto che Saman avesse deciso non solo di scegliere di vivere liberamente e in piena autonomia la propria vita", ma anche "in distonia con i valori etici e il credo religioso" della famiglia. 

I genitori non sono stati gli esecutori materiali

 Pur avendo pianificato l'esecuzione della figlia "per motivi culturali" e pur avendola accompagnata, la notte del 30 aprile 2021, sul luogo dell'esecuzione, i genitori di Saman Abbas, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, non sono stati gli esecutori materiali dell'omicidio. Ne sono convinti i giudici della Corte di assise di Bologna che nelle quasi 500 pagine di motivazioni della sentenza pronunciata il 18 aprile sono di diverso avviso rispetto alla Corte di Reggio Emilia, che aveva identificato nella madre una possibile esecutrice. Ma Nazia Shaheen, per la sentenza, uscì dal fuoco delle telecamere per poi tornare dopo solo 53 secondi: un lasso temporale troppo esiguo per uccidere, tenendo conto anche dell'aspetto ordinato dell'abbigliamento, incompatibile con una colluttazione.

L'omicidio commesso dallo zio e dai cugini

 L'omicidio sarebbe stato dunque commesso, per la Corte, in concorso dallo zio Danish Hasnain e dai cugini Noman Hulaq e Ikram Ijaz, che l'attendevano al buio nello stradello davanti a casa di Novellara. All'azione avrebbero preso parte infatti, secondo quanto emerge dalle prove raccolte, tre persone: due più colui che materialmente ha strozzato la 18enne e che la sentenza non individua con certezza. Le stesse tre persone avrebbero anche sepolto la giovane nella fossa, scavata in precedenza e poi allargata.

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