Speciale Chiara Ferragni, il pandoro-gate
Ma l'influencer non c'è

Pandoro-gate, iniziato il processo: nonna Adriana porta alla sbarra Chiara Ferragni

Prima udienza a Milano sul caso del pandoro "Pink Christmas" e delle uova di Pasqua: una consumatrice si è costituita parte offesa, due associazioni chiedono di entrare come parte civile. Sul tavolo risarcimenti e riti alternativi

24 Set 2025 - 08:17
 © Instagram

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Il caso del cosiddetto "pandoro-gate" è entrato ufficialmente nelle aule giudiziarie. A Milano si è aperto il processo a Chiara Ferragni, accusata di truffa aggravata in concorso per le campagne benefiche legate al pandoro "Pink Christmas" Balocco e alle uova Dolci Preziosi. Secondo la Procura, i messaggi promozionali diffusi dall'influencer e dalle aziende partner avrebbero indotto i consumatori a credere che parte del ricavato sarebbe stato devoluto in beneficenza, ma i contributi versati sarebbero stati fissi e di importo limitato. Le indagini hanno stimato profitti ingiusti per oltre 2 milioni di euro.

Le accuse della Procura e i coimputati

 Il procedimento, avviato con un'udienza tecnica a porte chiuse, vede imputata la 37enne insieme a Fabio Maria Damato, ex collaboratore di fiducia, e a Francesco Cannillo, presidente di Cerealitalia-Id, proprietaria del marchio Dolci Preziosi. Per Alessandra Balocco, amministratrice delegata dell'omonima azienda dolciaria scomparsa di recente, il procedimento è stato archiviato per decesso. I pubblici ministeri Cristian Barilli ed Eugenio Fusco contestano agli imputati di aver utilizzato in modo ingannevole la leva della beneficenza tra il 2021 e il 2022, con post e campagne pubblicitarie che avrebbero tratto in errore follower e clienti.

La storia di "nonna Adriana", parte offesa

 Protagonista della prima udienza è stata "nonna Adriana", una pensionata di 76 anni originaria di Avellino che ha deciso di costituirsi parte offesa. La donna aveva acquistato alcuni pandori griffati Ferragni convinta di contribuire a una raccolta benefica. "Voleva fare beneficenza - ha spiegato la sua legale, Giulia Cenciarelli - è una fervente cattolica e solo ad aprile ha scoperto che l'iniziativa non corrispondeva a quanto promesso". La consumatrice ha chiesto un risarcimento di circa 500 euro, cifra che ha dichiarato di voler destinare comunque a opere solidali. Non è escluso, tuttavia, che accetti una proposta di conciliazione da parte dei legali di Ferragni e rinunci a rimanere parte civile.

Le associazioni dei consumatori in aula

 Accanto alla pensionata si sono presentate in aula due associazioni dei consumatori, Adicu e Casa del Consumatore, che hanno depositato istanza di costituzione di parte civile. Diversa la posizione del Codacons, che ha ritirato la propria denuncia dopo un accordo economico già raggiunto nei mesi scorsi con l'influencer. Sarà il giudice della terza sezione penale, Ilio Mannucci Pacini, a stabilire il prossimo 4 novembre se ammettere o meno le richieste delle associazioni.

L'assenza di Ferragni e la linea della difesa

 Chiara Ferragni non era presente all'udienza di apertura, ma i suoi difensori - gli avvocati Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana - hanno assicurato che parteciperà ai prossimi appuntamenti "per rispetto della giustizia e per difendere la propria innocenza". La strategia difensiva punta a dimostrare che non vi sia stato alcun reato penale, sottolineando che la vicenda si è già chiusa sul fronte amministrativo con il pagamento di 3,4 milioni di euro tra sanzioni Antitrust e donazioni a enti benefici.

Le prossime tappe del processo

 Dopo l'udienza tecnica, aggiornata al 4 novembre, il tribunale deciderà sull'ammissione delle parti civili. Gli imputati potranno optare per riti alternativi, come il patteggiamento o l'abbreviato, oppure affrontare il dibattimento ordinario. In calendario c'è già un'udienza fissata per il 14 gennaio, che potrebbe segnare un passaggio decisivo.

La crisi dell'azienda Ferragni

 Il processo si inserisce in un contesto di forte ridimensionamento per l'impero imprenditoriale dell'influencer. Secondo le ricostruzioni giornalistiche, la società Fenice, riconducibile a Ferragni, ha recentemente licenziato tre dei quattro dipendenti rimasti, lasciando in organico una sola persona. Una scelta che conferma le difficoltà attraversate dal marchio dopo lo scandalo, accompagnate da un calo della popolarità online e da una strategia comunicativa meno glamour e più sobria.

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