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Alessia Pifferi, perizia psichiatrica sulla madre della bimba morta di stenti a Milano

La 37enne è accusata di omicidio volontario aggravato per il decesso della figlia Diana, la piccola di 18 mesi abbandonata, a luglio 2022, per sei giorni in casa e trovata senza vita in stato di disidratazione

Al processo sulla bimba morta di stenti a Milano la Corte d'Assise ha ritenuto necessario concedere una perizia psichiatrica sulla madre Alessia Pifferi.

La 37enne è accusata di omicidio volontario aggravato per il decesso della figlia Diana, la piccola di 18 mesi abbandonata, a luglio 2022, per sei giorni in casa e trovata senza vita in stato di disidratazione. Per il presidente della Corte, bisogna verificare "la sussistenza della capacità di intendere e di volere della donna al momento del fatto nonché l'eventuale pericolosità sociale".

 

 

L'udienza per il conferimento dell'incarico al perito è stata fissata per il 13 novembre. Contro la perizia psichiatrica si erano espressi i pubblici ministeri Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro e la madre e la sorella di Alessia Pifferi, costituite parti civili e assistite dall'avvocato Emanuele De Mitri.

 

Interrogatorio Alessia Pifferi: consapevole o incapace di intendere?

Per la Procura, Alessia Pifferi non ha mai avuto problemi mentali, ma "un atteggiamento scellerato" ed era "consapevole" di quello che sarebbe accaduto alla piccola. Per la difesa, per i suoi consulenti e per l'équipe psicologica del carcere di San Vittore, la donna presenta invece un ritardo mentale, un quoziente intellettivo di una "bimba di sette anni". Nel dubbio la Corte d'Assise di Milano, su istanza del difensore Alessia Pontenani, ha ritenuto "necessario" disporre una perizia psichiatrica per "accertare la sussistenza o meno al momento del fatto della capacità di intendere e volere e la eventuale pericolosità sociale" della donna.

 

 

Chi è il perito nominato dalla Corte

 Pifferi è accusata di omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione. La Corte ha nominato come perito Elvezio Pirfo, esperto che si è già occupato, tra gli altri, del caso di Alberto Scagni, condannato con vizio parziale di mente per aver ucciso la sorella. Psichiatra, poi, che quasi vent'anni fa seguì anche Annamaria Franzoni in carcere come componente dello staff sanitario.

 

Processo Alessia Pifferi: ipotesi e scenari

 Nel caso venisse accertato che Pifferi era totalmente incapace e non imputabile, verrebbe assolta per vizio di mente e collocata, se socialmente pericolosa, in una struttura per l'esecuzione delle misure di sorveglianza. In caso di vizio solo parziale, invece, ci sarebbe una riduzione di pena. Mentre se venisse riconosciuta capace, rischierebbe una condanna all'ergastolo. "Non ci sto a essere preso in giro, la signora non ha alcun problema mentale e ha avuto un atteggiamento scellerato nei confronti della figlia", ha detto il pm Francesco De Tommasi, che chiedeva di respingere l'istanza di perizia. "Un quoziente intellettivo di 40 vuol dire che nella scorsa udienza lei non sarebbe stata in grado di dire nulla". Invece, nell'esame davanti ai giudici ha dato "risposte chiare", ha reso "dichiarazioni sconcertanti", è stata proprio lei a dichiararsi "consapevole" di ciò che ha fatto, "dicendo che a volte lasciava da bere alla piccola per la sua sopravvivenza". Aveva detto che pensava che "un biberon" le sarebbe bastato.

 

 

Il testo sul qi (quoziente intellettivo)

 Per il pm la 38enne sarebbe stata "manipolata" con un lavoro psicologico in carcere. Un intervento che, secondo i consulenti della Procura, gli psichiatri Marco Lagazzi e Alice Natoli, non è stato mai applicato su un "altro detenuto". Non si può "non essere perplessi", scrivono, "per l'attuazione di un test", il Wais sul quoziente intellettivo, "che non ha nulla a che fare con la gestione penitenziaria ma è utile per la difesa penale". Un intervento che rischia pure di rendere "ormai inutile qualsiasi esame peritale, perché valuterebbe non i vissuti della persona, ma ciò che la stessa ha riferito di avere appreso e discusso nel lavoro con le psicologhe, unitamente al suo deresponsabilizzante convincimento di essere lei stessa una bambina, sempre espresso dalla psicologa".

 

La difesa di Alessia Pifferi: "Non voleva uccidere Diana"

 Netta la risposta della difesa: "Alessia non voleva uccidere la bimba, non era consapevole del rischio, l'aveva già lasciata sola altre volte e non capiva le conseguenze". Per Viviana Pifferi, la sorella parte civile con la madre, nonna di Diana, la 37enne è solo capace di dire "bugie" e "scaltra". Nel frattempo, nelle pieghe del processo è venuto fuori che quasi un anno fa l'imputata chiese dal carcere di avere un colloquio telefonico con Giulio Caria, detenuto in Sardegna per aver ucciso l'ex compagna, dopo che lui le aveva fatto arrivare una lettera. Richiesta respinta.

 

L'autopsia su Diana, morta di stenti e le dichiarazioni della madre

 L'autopsia sulla piccola Diana Pifferi ha rivelato che la bambina è morta per una gravissima e prolungata disidratazione, aggravata dalle temperature altissime del 14 luglio 2022. Inoltre, sono stati trovati pezzi di pannolino nello stomaco della bimba. La mamma della bambina, Alessia Pifferi, l'aveva lasciata sola in casa per quasi una settimana senza cibo e cure. Alessia Pifferi dopo l'autopsia sulla bambina, davanti ai giudici ha detto: "Pensavo che i biberon bastassero".

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