Ribaltata la decisione della Regione Toscana che aveva bloccato l'iter da parte della famiglia di Federico Zini, il 25enne che nel 2018 uccise la sua ex fidanzata 29enne, di Prato, e poi si suicidò
Era il 26 maggio 2018, le prime ore del giorno, quando Federico Zini, 25 anni, incapace di accettare la fine della relazione con la sua ex fidanzata, Elisa Amato, 29 anni, l'aspettò sotto casa, a Prato, per poi costringerla a salire in auto e le sparò. Il 25enne, poi, si diresse in un parcheggio a San Miniato, nel Pisano, e rivolse l'arma contro se stesso, suicidandosi. Dopo sette anni, la famiglia della vittima deve ricadere nell'abisso a seguito della notizia sul Tar che ha dato l'ok alla famiglia dell'assassino per la costituzione di una fondazione contro la violenza di genere in memoria di Zini, purché "non sia intitolata a suo nome".
Il caso era già stato sollevato qualche mese dopo l'omicidio di Elisa Amato, quando Maurizio Zini, padre del killer, aveva annunciato la creazione di una fondazione in memoria di Zini, Iter che era stato immediatamente bloccato dalla Regione Toscana, che, come scrive La Nazione, non autorizzò l’iscrizione della fondazione nel Registro unico nazionale el terzo settore, dopo che era partita, tra le polemiche, una raccolta fondi contro l'ente, organizzata da Viola Erbucci, la migliore amica della vittima.
Ora il caso torna alla ribalta, dopo che il padre dell'assassino di Elisa ha fatto ricorso al Tar, vincendo la causa. "Ho fatto della battaglia contro la violenza sulle donne una ragione di vita, da quando mia sorella è stata uccisa sette anni fa. Sentire adesso che la famiglia dell'omicida può creare una fondazione dedicata al figlio mi fa male", afferma a La Nazione Elena Amato, sorella della vittima. "Non sapevo che la famiglia fosse andata avanti in questo progetto - prosegue -. Ha speso soldi in avvocati per anni pur di fare la fondazione. Non è colpa loro per quello che è accaduto a mia sorella, però non abbiamo mai ricevuto un messaggio di scuse, se non per vie traverse. Non ci hanno mai contattato, magari, per fare qualcosa insieme, per intitolare qualcosa a mia sorella. Si tende sempre a vittimizzare gli assassini e a colpevolizzare le vittime. So che anche l'altra famiglia sta soffrendo, ma questi non possono essere i termini con cui affrontare certi temi".
Contattato da La Nazione, Maurizio Zini non ha fornito spiegazioni né sul nome né su quali saranno gli scopi: "Non rilascio dichiarazioni". "Mi riservo di capire meglio le finalità - conclude invece Elena Amato -. Non ho intenzione di andare per vie legali ma, se necessario, farò una campagna per oppormi. Spero che le istituzioni e i centri anti-violenza mi seguano".