Rischiano una denuncia per "inosservanza dei divieti delle autorità", ossia del mancato rispetto di quella sobrietà alla quale il governo aveva invitato tutti per il lutto nazionale dopo la morte di Papa Francesco
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Sarebbe stato un maresciallo dei carabinieri, lo scorso 25 aprile a Mottola, in provincia di Taranto, a impedire a un gruppo di cittadini che stavano festeggiando la liberazione dal nazifascismo di cantare "Bella ciao". In dieci sarebbero stati identificati e ora rischiano una denuncia per inosservanza dei divieti delle autorità. Ossia del mancato rispetto di quella sobrietà alla quale il governo aveva invitato tutti per il lutto nazionale dopo la morte di Papa Francesco.
La vicenda ha scatenato una polemica che ora coinvolge istituzioni, militari e politici. Nicola Fratoianni di Avs annuncia "un'interrogazione parlamentare al ministro dell'Interno su questo episodio surreale e nello stesso tempo gravissimo. Chissà se il maresciallo dei carabinieri che ha denunciato 10 cittadini accusati di aver voluto cantare 'Bella Ciao' e 'Fischia il Vento' - prosegue - sa che per liberare l'Italia dai nazisti e dai loro servi fascisti l'arma dei carabinieri ha perso quasi tremila uomini. Non comprendiamo perché i suoi superiori non siano ancora intervenuti per sospenderlo dal servizio".
Il segretario pugliese di Unarma, Nicola Magno, spiega invece che i carabinieri "in servizio operano nel pieno rispetto delle direttive ricevute dalle autorità competenti" e "nel quadro delle disposizioni prefettizie o di pubblica sicurezza, specie in giornate sensibili come il 25 aprile, quest'anno ulteriormente segnate dal lutto per la morte di Papa Francesco". Il sindacalista critica anche le dichiarazioni di chi sembra suggerire "una responsabilità diretta dei carabinieri per quanto accaduto: un'accusa grave e del tutto fuori luogo - aggiunge - che denota un tentativo inaccettabile di scaricare su chi serve lo Stato il peso di una gestione poco chiara degli eventi istituzionali da parte delle autorità locali".
Per i Giovani Democratici di Puglia, "impedire di cantare gli inni della Resistenza in un corteo per la Festa della Liberazione, nel nome di una meschina idea di 'sobrietà istituzionale', rappresenta un atto di censura che offende la memoria di chi ha lottato contro il nazifascismo e ne tradisce lo spirito antifascista scritto, col sangue dei partigiani, nella nostra costituzione". "Esprimiamo piena solidarietà - concludono - a chi è stato colpito da questo gesto di intolleranza".