Il Tribunale per i minorenni non riconosce il vizio parziale di mente: per il giovane previsto un percorso terapeutico in carcere
Riccardo Chiarioni, oggi 18enne, è stato condannato a vent’anni di reclusione per aver massacrato padre, madre e fratello di 12 anni con 108 coltellate nella villetta di famiglia a Paderno Dugnano. Il Tribunale per i minorenni di Milano ha respinto la richiesta di riconoscere il vizio parziale di mente, nonostante una perizia psichiatrica avesse evidenziato disturbi della personalità.
"Sono rimasto un po' sconcertato non dal mancato riconoscimento della semi infermità, attestata dai periti nominati dal tribunale, ma nel momento in cui il Tribunale ha concesso attenuanti generiche e della minore età con criterio di prevalenza su tutte le altre aggravanti, arrivare alla pena di 20 anni mi sembra una pena con un atteggiamento punitivo". Lo ha detto Amedeo Rizza, legale difensore di Riccardo Chiarioni.
"È stata una sentenza durissima che non posso accettare e che impugnerò", ha proseguito il legale. "La gravità del fatto non è in discussione ma non credo si possa arrivare a dare 20 anni, il massimo della pena, con il riconoscimento di due attenuanti generiche. Ricorrerò anche per il mancato riconoscimento del vizio di mente parziale. Quando è uscito dall'aula e ha visto i parenti, il mio assistito è crollato".
"Sono curioso di leggere le motivazioni che saranno depistate entro 90 giorni, per capire il ragionamento del giudice", ha affermato ancora l'avvocato difensore. "A mio avviso è più logica la richiesta dei pm che hanno chiesto le aggravanti prevalenti sulle attenuanti e la semi infermità". Il giovane, ora maggiorenne, prima di lasciare il Tribunale per i minorenni ha visto i nonni e gli altri famigliari che "gli sono sempre stati vicino" ed ha avuto "un crollo. Ha pianto anche per la tensione", ha precisato il legale.
La notte tra il 31 agosto e il 1° settembre 2024, Riccardo ha colpito a morte i genitori e il fratellino mentre dormivano. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il ragazzo avrebbe agito con lucidità, pianificando l’attacco nei giorni precedenti. Gli investigatori hanno trovato nell’abitazione armi da taglio nascoste e alcuni appunti che testimonierebbero la premeditazione. Il giovane, al termine del massacro, aveva chiamato le forze dell’ordine per confessare quanto accaduto. “Li ho uccisi tutti”, avrebbe detto al centralino del 112, lasciando sotto shock i carabinieri giunti sul posto.
Durante l’incidente probatorio, uno psichiatra nominato dal Tribunale aveva evidenziato una parziale incapacità di intendere e di volere, parlando di disturbi deliranti e di un convincimento ossessivo legato a un “mondo dell’immortalità”. Secondo l’esperto, Riccardo viveva in un sistema mentale distorto, in cui eliminare la famiglia rappresentava un passo per “rinascere”. “Volevo essere libero, non più legato a loro”, avrebbe dichiarato il ragazzo agli specialisti. Una tesi che, tuttavia, il collegio giudicante non ha accolto come sufficiente per ridurre la pena, dando priorità alla gravità del gesto e alla capacità di organizzare l’azione in modo cosciente.
La Procura per i minori di Milano aveva chiesto vent’anni di reclusione, massimo previsto dal rito abbreviato, sottolineando la brutalità dell’eccidio e la pianificazione dettagliata. Per l’accusa, nonostante i disturbi di personalità, la capacità di intendere e di volere non era stata compromessa in modo rilevante. Diversa la linea della difesa, che attraverso l’avvocato Amedeo Rizza ha puntato a far riconoscere una totale incapacità di intendere e di volere. In subordine, la difesa aveva chiesto almeno un vizio parziale che potesse alleggerire la condanna. Il Tribunale ha invece accolto la linea dell’accusa, confermando la richiesta di vent’anni.
Nonostante la condanna, i magistrati hanno disposto per il giovane un programma terapeutico all’interno dell’Istituto penale minorile di Firenze, dove Riccardo è attualmente detenuto. Qui seguirà un percorso psichiatrico e psicologico, con l’obiettivo di affrontare i disturbi emersi durante le indagini. Il ragazzo, che ha ripreso gli studi superiori, potrà sostenere l’esame di maturità già quest’anno. “Non potrà mai essere restituita una vita normale, ma è importante garantire un supporto clinico”, hanno spiegato fonti giudiziarie.