Ecco come affronteranno il primo semestre gli studenti che dovranno superare le prove per rimanere in graduatoria dopo la riforma che ha sospeso i test di ingresso
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Che i numeri sarebbero stati un po’ più alti del passato lo si sapeva, e anche se non si parla di un vero e proprio exploit, i dati sono nel solco di quanto ci si aspettava. Alla fine sono 64.825 gli iscritti che hanno completato la fase di iscrizione presso gli atenei e ben 54.313 di loro hanno scelto Medicina e Chirurgia. Dal 2025-2026 prende il via la riforma voluta dal ministro dell'Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, che prevede il superamento dei test d'ingresso e l'istituzione di un semestre aperto con accesso libero e con la contemporanea iscrizione a un altro corso di studio affine. Gli studenti iscritti al corso di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria sono 4.473, mentre sono 6.039 i ragazzi che hanno optato per il corso di Medicina veterinaria. Tre gli insegnamenti del semestre aperto che inizierà il 1 settembre: Chimica e propedeutica biochimica, Fisica e Biologia. Ciascuna materia permetterà di avere 6 crediti formativi per un totale di 18. Al termine del semestre aperto, ciascuno studente dovrà affrontare gli esami di profitto su ciascuna materia.
Le prove saranno uguali a livello nazionale e si svolgeranno in contemporanea, nello stesso giorno. Si avranno a disposizione due appelli: il primo il 20 novembre 2025; il secondo il 10 dicembre 2025. Agli studenti toccherà affrontare un test composto da 31 domande per ognuna delle 3 materie del semestre aperto: la maggior parte delle domande (16) saranno a completamento mentre il resto dei quesiti sarà a risposta multipla con 5 opzioni possibili. Tempo a disposizione, quello di metà partita di calcio: 45 minuti per scrivere il primo capitolo della propria storia universitaria. I punteggi conseguiti nei singoli esami saranno a quel punto validi per la formazione della graduatoria nazionale. Il voto sarà espresso in trentesimi con la possibilità anche della lode.
Il punteggio minimo per poter accedere alla graduatoria nazionale non dovrà essere inferiore a 18/30 in ogni singola prova. Per proseguire nel percorso insomma i ragazzi dovranno riuscire a strappare la sufficienza in ciascun esame. Per gli studenti non ammessi al secondo semestre, che avranno ottenuto in ciascun esame un voto non inferiore a 18/30, ci sarà comunque la possibilità di proseguire nel corso affine scelto e al quale si sono iscritti contemporaneamente a Medicina (senza ulteriori costi) con tanto di riconoscimento di tutti i Cfu conseguiti fino a quel momento.
La ministra Bernini ha voluto rivolgersi direttamente a chi sogna il camice in una lettera aperta: "Studiare Medicina non è solo una scelta di carriera. È una scelta di responsabilità, di empatia, di coraggio. È una dichiarazione d’amore verso la vita, in tutte le sue fragilità". Bernini ci ha tenuto a ricordare che chi sceglie una carriera accademica simile: “non solo comincia un percorso personale” ma fa anche “parte di un cambiamento importante, legato alla abolizione del test d’ingresso”. Bernini ha fortemente difeso la scelta di aprire le porte a più aspiranti dottori, sostenendo come si tratti di un autentico "cambio di paradigma", passando "dalla selezione alla formazione".
Un'evoluzione che ha convinto tanti studenti da Nord a Sud: A Roma sono poco più di 7mila iscritti, a Bologna e Torino si contano più di 3mila aspiranti medici mentre Milano ne richiama addirittura più di 5mila. Numeri rimarcabili poi anche in Puglia e Toscana, con 1.766 a Firenze e 2.725 a Bari. A livello nazionale è impossibile non ravvisare la crescita rispetto all'anno scorso. Nel 2024, quando c'era ancora il test d’ingresso a numero chiuso, gli immatricolati a Medicina erano circa 20mila. Un numero di fatto triplicato quest'anno, in cui si è deciso di rendere più inclusiva quantomeno la prima fase. C'è tuttavia chi evidenzia dei problemi, facendo notare in primis come la selezione sia stata per certi versi solo spostata al termine del primo semestre e ricordando come il nuovo modello costringa gli atenei a ripensarsi anche dal punto di vista logistico, con il rischio concreto di sovraffollamento. Alle università che rispolverano il vecchio "Io speriamo che me la cavo" risponde tuttavia la stessa ministra Bernini, che rassicura tutti: "È vero, sarete in tanti. Ma in un Paese che ha ancora uno dei tassi di laureati più bassi d’Europa, questo non è un problema. È un segnale di coraggio. E se servirà un’aula in più, si aprirà. Se ci sarà bisogno di un corso in più al pomeriggio, si attiverà". Una promessa che poggia su basi solide, ricorda la responsabile dell'istruzione, evocando gli investimenti in edilizia e il fondo di finanziamento ordinario.