home schooling autorizzato?

Famiglia nel bosco, l'avvocato: "La scuola aveva autorizzato l'istruzione parentale, un documento lo dimostra"

Il legale, Giovanni Angelucci, punta sull’atto del 12 ottobre, protocollato il 3 novembre, che autorizza l’home schooling e che non sarebbe mai arrivato ai giudici. Sull'interessamento di Salvini spiega: "È stato il ministro a cercarmi, ci siamo sentiti al telefono. Mi ha confermato di aver ritenuto doveroso interessare della questione il ministro della Giustizia, Nordio"

24 Nov 2025 - 08:54
 © Da video

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Nella vicenda della famiglia che viveva nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti, spunta un documento che "smonterebbe" completamente la tesi del Tribunale dei minori, che ha allontanato i figli dai genitori, contestando anche una presunta mancanza di autorizzazione all'istruzione parentale. L'avvocato Giovanni Angelucci, legale della coppia e consigliere comunale della Lega, in un'intervista a "Il Centro", sostiene infatti che l'Istituto comprensivo competente avesse formalmente autorizzato i genitori ad avvalersi dell'home schooling per l'anno scolastico in corso, oltre ad aver ratificato l'idoneità della figlia maggiore. L'atto, datato 12 ottobre e protocollato il 3 novembre 2025, sarebbe arrivato nelle mani del legale solo il giorno dell'esecuzione del decreto. 

Il documento che smonterebbe la tesi dei magistrati

 Secondo la difesa, la questione dell'istruzione risulta decisiva. L'avvocato parla di "un punto fondamentale, un vero e proprio cortocircuito istituzionale". Nelle motivazioni del decreto del 13 novembre i giudici contestano la mancata frequenza scolastica e l'assenza di autorizzazione all'istruzione parentale, oltre a ritenere non ratificato un attestato di idoneità rilasciato da una scuola paritaria. Angelucci replica richiamando un documento ufficiale: "Esiste un documento ufficiale dell'Istituto comprensivo competente per Palmoli, datato 12 ottobre e protocollato dal Comune il 3 novembre 2025. In questo atto, la scuola autorizza formalmente i genitori ad avvalersi dell'istruzione parentale per l'anno scolastico in corso e ratifica l'idoneità della bambina". Secondo la difesa, si tratterebbe quindi di un'autorizzazione formalmente rilasciata prima dell'emissione del decreto del tribunale.

Perché il documento non sarebbe arrivato ai giudici

 L'avvocato sostiene che quel documento non sia mai stato trasmesso al tribunale. "Perché non lo aveva. E non lo aveva perché, a quanto ci risulta, l'assistente sociale lo ha tenuto nel cassetto invece di trasmetterlo tempestivamente al giudice. Io ne sono venuto in possesso solo giovedì scorso, il giorno dell'esecuzione del decreto, me lo ha consegnato il sindaco". Una circostanza che, se confermata nelle sedi giudiziarie, potrebbe incidere sull'iter del ricorso. Il legale aggiunge che, se l'atto fosse stato agli atti, "forse la decisione sarebbe stata diversa. Ma nelle motivazioni di sicuro ci sarebbe stata una pagina in meno". La difesa ribadisce che il ricorso si baserà proprio sulla valutazione degli atti formali e sull'eventuale presenza di elementi ritenuti non correttamente acquisiti.

Le condizioni abitative e i progetti di adeguamento

 La contestazione relativa alle condizioni igienico-abitative rimane uno dei nodi principali, ma la famiglia, secondo il legale, aveva già avviato un percorso di adeguamento. "Un tecnico incaricato stava predisponendo la costruzione di un bagno esterno ma adiacente all'abitazione, collegato con una veranda. Non un bagno chimico, ma un sistema di fitodepurazione, una soluzione ecologica prevista dalla legge". L'avvocato precisa che la famiglia ha rifiutato i fondi pubblici offerti dal Comune: "Non vogliono assistenzialismo, non vogliono accedere a benefici che ritengono di non dover sottrarre alla comunità. Hanno una loro autonomia economica e hanno chiarito che, se ci sono lavori da fare, li pagheranno di tasca loro".

Cure mediche, provocazione dei 50mila euro e chiarimenti della difesa

 Nel decreto viene citata una richiesta definita “provocatoria”, pari a 50mila euro per ogni figlio, oltre al presunto rifiuto delle cure mediche. Il legale chiarisce: "Quella dei 50mila euro è stata una boutade, una provocazione intellettuale lanciata in un momento di esasperazione". Sul tema sanitario, la difesa parla di una disponibilità condizionata: "Non c'è un rifiuto ideologico assoluto. Se fosse strettamente necessario per la salute dei bambini o per sbloccare la situazione, accetterebbero le visite. Ma devono essere esami non invasivi. Niente elettrodi in testa, niente ospedalizzazioni traumatiche".

La situazione dei bambini nella struttura protetta

 Dopo l'esecuzione del decreto, la madre Catherine Birmingham vive con i tre figli in una struttura protetta di Vasto. Il padre, Nathan Trevallion, può vedere i figli solo per pochi minuti al giorno. "È una situazione difficile", spiega il legale. Catherine e i bambini sono sottoposti a regole rigide, con stanze separate e una quotidianità molto diversa da quella precedente. "Il nostro obiettivo è riunire la famiglia il prima possibile".

L'interessamento di Salvini

  Il caso ha assunto una dimensione istituzionale dopo il colloquio telefonico tra Matteo Salvini e l'avvocato della famiglia. Il legale specifica: "È stato il ministro Salvini a cercarmi, ci siamo sentiti al telefono. È stato molto chiaro e diretto. Ha voluto esprimere la piena vicinanza sua, della presidenza del Consiglio e del governo alla famiglia. Mi ha detto di essere a disposizione per qualsiasi necessità". Non solo una manifestazione di solidarietà, secondo l'avvocato, ma un passaggio formale: "Salvini mi ha confermato di aver ritenuto doveroso interessare della questione il ministro della Giustizia, Nordio. Mi è stato chiesto di fornire una serie di documenti e di considerazioni sulla vicenda".