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Stupro di Palermo, indagati chiedono di lasciare il carcere: "Ricevute minacce" | La struttura: "Spostarli subito altrove"

Intanto, le famiglie dei sette ragazzi hanno presentato una denuncia contro i messaggi violenti e i profili fake sui social network

La direzione del carcere Lorusso di Pagliarelli ha avanzato la richiesta di spostare dall'istituto penitenziario i sei giovani arrestati a Palermo per lo stupro al Foro Italico.

Gli indagati sono "invisi" agli altri detenuti, venuti tutti a conoscenza dei fatti dato "l'elevato clamore mediatico" della vicenda". Una richiesta analoga è arrivata dagli stessi ragazzi, che sarebbero diventati oggetto di minacce. Il settimo ragazzo coinvolto, che all'epoca della violenza era minorenne, si trova in una comunità. Intanto, le famiglie dei sette giovani hanno presentato denuncia contro ignoti per le minacce e gli insulti ricevuti sui social.

 

 

Perché potrebbero essere trasferiti

 "Si chiede l'immediato allontanamento da questo istituto dei detenuti atteso che l'elevato clamore mediatico della vicenda ha determinato la piena conoscenza dei fatti anche alla restante popolazione detenuta, ragion per cui sono invisi alla stessa inclusi i detenuti delle sezioni protette dove sono si trovano", scrive la direzione in una nota. Oltre al clamore mediatico c'è anche un problema organizzativo. I sei detenuti hanno anche il divieto d'incontro "che con non poche difficoltà - aggiunge la nota - si riesce a garantire, atteso che i detenuti coinvolti nella vicenda sono sei. Alla luce di quanto sopra per prevenire possibili azioni destabilizzanti per l'ordine e la sicurezza si chiede con urgenza di valutare l'immediato allontanamento da questa sede
degli stessi". È probabile che per questo motivo alcuni degli arrestati saranno spostati in altre carceri in Sicilia. Giovedì, alcuni tra i legali dei ragazzi andranno a far loro visita per verificare le dichiarazioni a proposito delle minacce che avrebbero ricevuto.

 

 

La denuncia delle famiglie

 Intanto, le famiglie dei sette giovani hanno chiesto alla polizia di identificare gli autori dei commenti, ma anche e soprattutto chi ha realizzato i profili fake dei propri parenti e chi ha postato le foto degli indagati dandole in pasto a milioni di persone. Le indagini passano adesso alla polizia postale che dovrà setacciare tutti i social dove sono presenti migliaia di post e di commenti sulla vicenda. 

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