Due relazioni positive dal carcere di Bollate hanno convinto i giudici a concedergli il permesso per il lavoro esterno. Aveva una relazione con la collega poi uccisa
Emanuele De Maria, 35 anni, era stato descritto dagli psicologi del carcere di Bollate come "una persona totalmente equilibrata, collaborativa, senza scompensi psichici". Due relazioni inviate al Tribunale di Sorveglianza di Milano, nel 2023 e 2024, lo avevano rappresentato come un detenuto in pieno percorso rieducativo, impegnato nello studio universitario e in grado di instaurare "relazioni affettive" nel contesto lavorativo.
Nulla faceva presagire a quanto avrebbe poi fatto il detenuto che nel giro di 48 ore ha ucciso una collega, la 51enne cingalese Chamila Wijesuriyauna, ha tentato di assassinarne un altro, il 50enne italo-egiziano Hani Fouad Abdelghaffar Nasr, per poi suicidarsi dalla terrazza del Duomo di Milano. Ai magistrati milanesi, intanto, è arrivata la richiesta del ministro Nordio, che ha avviato attività ispettiva, di atti e di una relazione sul caso.
Le relazioni redatte dal pool di educatori e psicologi del carcere milanese, e firmate dalla direzione penitenziaria, delineavano un quadro privo di criticità. Oltre alla "massima collaborazione" con lo staff, De Maria era stato elogiato per aver intrapreso un percorso universitario, aver superato due esami e mostrato segni di resipiscenza per l'omicidio commesso nel 2016 a Castel Volturno. Il detenuto stava scontando una pena di 14 anni e 3 mesi per l'uccisione, in un contesto di droga, di una giovane donna. Nessun comportamento aggressivo era stato registrato durante il periodo detentivo, né nella fase di lavoro esterno.
Dal carcere alla reception di un albergo a pochi passi dalla Stazione Centrale: così De Maria aveva ottenuto il permesso per lavorare all’esterno, secondo l’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario. In quel contesto avrebbe instaurato una relazione con Chamila Wijesuriya, 51enne di origine cingalese. I documenti parlano genericamente di "relazioni affettive" sul posto di lavoro, che solo in seguito si sono rivelate fondamentali per ricostruire la dinamica del femminicidio. Il datore di lavoro, inizialmente diffidente, aveva poi espresso giudizi positivi su De Maria, elogiando il suo impegno.
La Procura di Milano ha acquisito tutti gli atti e le relazioni del carcere per chiarire eventuali sottovalutazioni nel percorso di sorveglianza. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha richiesto una relazione urgente, mentre il vice ministro Francesco Paolo Sisto ha sollevato dubbi sull’opportunità di concedere permessi in caso di reati gravi come il femminicidio. Anche il vicepremier Matteo Salvini ha chiesto spiegazioni. Le istituzioni giudiziarie hanno però ribadito che l’iter seguito è stato conforme alla normativa vigente, e che nessun segnale premonitore era emerso.