La polemica

"No comunisti né gay": lo chef Paolo Cappuccio scatena la bufera con un annuncio di lavoro shock

Il post è stato poi cancellato, ma le parole usate dallo chef hanno fatto il giro del web. E sui social trovano anche un suo vecchio post offensivo. Ecco come lui si difende

08 Lug 2025 - 08:39
 © Tgcom24

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Paolo Cappuccio, chef stellato e volto noto della ristorazione d’élite italiana, è finito al centro di una polemica virale per un post pubblicato sul proprio profilo Facebook. L'annuncio, destinato alla selezione di personale per un hotel in Val di Fassa, ha sollevato critiche per i suoi toni considerati discriminatori. Nelle righe del messaggio, poi rimosso, lo chef escludeva candidati "comunisti", "con problemi di orientamento sessuale" e "fancazzisti". Non è la prima volta che Cappuccio si esprime in questi termini: già nel 2020 era stato segnalato un suo annuncio per la stagione estiva a Caorle, dai toni altrettanto offensivi. Anche in quell’occasione, gli utenti social avevano denunciato la natura discriminatoria del messaggio.

Un post diventato un caso nazionale

 Il messaggio, pubblicato l’8 luglio su Facebook, cercava uno chef, tre capi partita e un pasticcere per la stagione invernale. Lo stipendio proposto andava dai 2.000 ai 4.000 euro. Tuttavia, a far discutere non è stato l’aspetto economico, bensì il tono e le esclusioni contenute: "Sono esclusi comunisti/fancazzisti. Master chef del cazzo ed affini. Persone con problemi … di orientamento sessuale". Il post è stato rapidamente rimosso, ma ormai era già stato diffuso in rete. A contribuire alla viralità sono stati diversi commenti di utenti e giornalisti. Il giornalista Luca Bottura ha ironizzato sul tono “illeggibile”, mentre Simone Alliva ha sottolineato i profili discriminatori, definendo il contenuto “una violazione delle leggi sul lavoro”.

La difesa dello chef: "Uno sfogo, non un attacco"

 Cappuccio non ha negato l'autenticità del post, ma ha cercato di contestualizzarne il contenuto. Ecco come si è difeso parlando con il Corriere della Sera: "Ero esasperato dopo l’ennesima esperienza negativa. Non ne posso più di collaboratori che si mettono in malattia, bruciano il pesce o non lavorano. Ho diritto a scegliere chi entra nella mia cucina". Lo chef ha anche tentato di chiarire il passaggio sull’orientamento sessuale: "Ho amici gay, non è quello il punto. Ma se sul posto di lavoro si ostenta in modo eccessivo, si creano problemi nella brigata. Voglio solo che ci sia rispetto e disciplina".

Non è un caso isolato: il precedente post del 2020

 Quella di luglio 2025 non è la prima uscita discutibile di Paolo Cappuccio. Il 15 giugno 2020, lo chef aveva pubblicato un altro annuncio di lavoro su Facebook, rivolto a chi cercava impiego in un hotel 4 stelle a Caorle. Anche in quel caso, il testo aveva suscitato indignazione online. Cappuccio escludeva esplicitamente "vagabondi senza fissa dimora", "gente con problemi", "alcolizzati", "drogati ed affini", e con un tono ironico aggiungeva: "Mi scuso se non ho citato qualche altra forma di disagiati. Buona continuazione". Lo screenshot dell’annuncio è riemerso in queste ore sui social, rilanciato da diversi utenti che hanno sottolineato come lo stile e i contenuti del 2020 fossero già in linea con il post rimosso nel 2025. La reiterazione dei toni discriminatori solleva dubbi sull'effettiva volontà dello chef di correggere il tiro. Anche in quell’occasione, il messaggio fu segnalato per contenuti lesivi della dignità dei lavoratori.

Chi è Paolo Cappuccio

 Nato a Napoli nel 1977, Cappuccio ha lavorato nei migliori ristoranti d’Italia, tra cui La Casa degli Spiriti e La Stube del Bio Hotel Hermitage. Ha ottenuto riconoscimenti internazionali e, negli ultimi anni, si è dedicato alla consulenza gastronomica. Le sue prese di posizione, tuttavia, non sono nuove: un post simile risale al 2020. Oggi lo chef afferma di essere stato frainteso, ma rivendica il diritto di "cercare lavoratori normali, che sappiano stare al loro posto". La bufera, intanto, non si placa. E alcune strutture per cui lavora stanno ricevendo pressioni online.

Quando un annuncio diventa discriminazione

 In Italia, il Decreto Legislativo 216/2003 vieta esplicitamente la discriminazione nei luoghi di lavoro per motivi di orientamento sessuale, convinzioni religiose o idee politiche. Anche lo Statuto dei Lavoratori e la Costituzione (articolo 3) ribadiscono l’uguaglianza. Inserire esclusioni in un annuncio può comportare sanzioni, la nullità del contratto e risarcimenti, se viene provato il carattere discriminatorio.

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