Le indagini dei carabinieri sono scattate nel 2024, dopo la denuncia di una delle vittime. Poi grazie all'uso delle intercettazioni e alle perquisizioni eseguite dai militari sono state identificate le altre tre vittime
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A Milano il medico gastroenterologo, nonché sindaco di Rivolta D'Adda (Cremona), Giovanni Sgroi, 70 anni, è finito agli arresti domiciliari, con l'accusa di violenza sessuale aggravata su quattro pazienti. Le indagini dei carabinieri, iniziate nel 2024 e coordinate dalla procura meneghina, sono scattate dopo la denuncia fatta da una delle vittime. Attraverso le intercettazioni, le perquisizioni, le acquisite analisi forensi e altri accertamenti, sono state poi identificate altre tre vittime, pazienti della struttura medica dove il professionista esercita privatamente.
Secondo quanto ricostruito dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo, le violenze sarebbero avvenute durante le visite nella struttura sanitaria a Pozzuolo Martesana, in provincia di Milano.
Il 70enne avrebbe abusato della sua "posizione di potere trasformando l'attività medica in un'occasione per porre in essere comportamenti lesivi della sfera sessuale" delle sue pazienti. Questa accusa è aggravata dall'aver commesso il fatto con l'abuso di potere e la violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio.
Le violenze sarebbero avvenute durante lo svolgimento di ecografie addominali effettuate nel Centro medico specialistico di Pozzuolo Martesana, struttura di cui Sgroi è anche direttore sanitario. La prima a denunciare il chirurgo, specialista dell'apparato digerente, è stata una donna di 24 anni, a maggio del 2024, ai carabinieri di Melzo. In base alle testimonianze contenute nell'ordinanza di custodia cautelare, nel riaccompagnare la 24enne abusata, ancora "frastornata e scossa", alla reception, Sgroi si sarebbe rivolto alla segretaria del Centro dicendole "fai uno sconto alla piccolina". Le altre tre vittime avrebbero 34, 36 e 43 anni.
Secondo quanto emerso dalle indagini, Sgroi avrebbe agito secondo un preciso "modus operandi", consistente nell'alternare ai quesiti sul malessere domande sulla sfera personale "prive di utilità medica" per poi, durante lo svolgimento dell'esame specialistico, "in modo subdolo e repentino, compiere atti sessuali senza il consenso delle pazienti".
Secondo la gip Sara Cipolla, che ha emesso la misura cautelare, vi è il concreto e attuale pericolo che l'indagato possa inquinare le fonti di prova e che, se lasciato in libertà, possa commettere altri reati della stessa specie. Già nel 2010, per fatti analoghi, il medico era stato sottoposto dalla Procura di Bergamo a indagini preliminari, che poi erano state archiviate.
Gli investigatori non escludono che possano esserci altre vittime di violenze sessuali, in considerazione dell'elevata utenza della struttura dove il medico indagato opera. E per questo i militari lanciano un appello a denunciare nel caso altre persone avessero subito abusi.