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Roma, avvocatessa uccisa dall'ex, le ultime parole: "Mi hai davvero sparato?" | Lui: "La mia vita è finita"

"Non la volevo uccidere, mi volevo suicidare. Pensavo che la pistola avesse la sicura inserita, invece è partito un colpo", ha aggiunto l'uomo

Roma, un'avvocatessa uccisa dall'ex davanti a un ristorante

La polizia a Roma, fuori dal locale nei pressi del quale è avvenuto il femminicidio venerdì sera. Il delitto fuori da un ristorante di via Amelia, nel quartiere Appio Latino. La donna era uscita a cena con il fratello

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Sul femminicidio dell'avvocatessa Martina Scialdone, avvenuto a Roma davanti al ristorante "Brado", emergono nuovi dettagli.

In particolare, secondo quanto raccontato da Costantino Bonaiuti - colui che ha premuto il grilletto ed ex della donna - al suo avvocato durante un colloquio in carcere Scialdone "non aveva capito subito quello che era successo, e nemmeno io, dopo che è partito il colpo mi ha guardato e ha detto: 'Ma mi hai sparato davvero? Mi hai ferita?'". "La mia vita, per quanto mi riguarda, è finita, appena posso voglio uccidermi ", avrebbe aggiunto l'uomo. Lo riporta Il Messaggero.

 

"Non la volevo uccidere, mi volevo suicidare. Sono disperato, pensavo che la pistola avesse la sicura inserita, invece è partito un colpo - è la versione del 61enne -. Martina era molto più bassa di me, il colpo è partito per errore e l’ha raggiunta all’altezza della spalla, proprio perché non ho preso la mira, ma il proiettile ha seguito una traiettoria casuale. Prima di entrare nel ristorante eravamo in macchina insieme, io ho minacciato di uccidermi e ho tirato fuori la pistola, lei mi ha fatto desistere".   

 

Il legale dell'uomo ha chiesto la scarcerazione dell’uomo. L'omicidio di Martina Scialdone "non è stato premeditato", ha scritto l'avvocato Fabio Taglialatela nel ricorso presentato al Tribunale del Riesame di Roma. Si è trattato di "un tentativo di suicidio con conseguente colpo sparato per errore all'indirizzo della povera vittima" e l'arma "disgraziatamente" aveva la sicura disattivata. La ricostruzione della difesa è completamente diversa dalla realtà dei fatti descritta dai testimoni, a cominciare da quanto detto dal fratello della vittima, Lorenzo, presente al momento del delitto, come riportato negli atti dell'inchiesta. L'omicidio della giovane viene ricondotto dall'avvocato di Bonaiuti a "una casualità assoluta".  

 

Si ipotizza anche che il tentativo di suicidio fosse una montatura: "l'unico intento del Bonaiuti - si legge nel ricorso - nel disperato tentativo di recuperare un rapporto verosimilmente perduto, era quello di inscenare una macabra commedia, avente un canovaccio ben preciso: fingere un tentativo di suicidio per impietosire la persona amata e ricondurla a sé". Secondo le testimonanze raccolte, Bonaiuti dopo aver sparato a Martina si è allontanato senza prestare soccorso alla giovane.  

 

Ma "non è affatto fuggito - scrive il difensore - bensì è diretto a casa perché terrorizzato da quanto accaduto". Il 61enne è accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai motivi futili e abietti rappresentati dalla gelosia e dall'aver agito contro una persona a lui legata da relazione affettiva. Secondo la gip Simona Calegari, che ha convalidato l'arresto dell'uomo e disposto la custodia cautelare in carcere, il "panorama indiziario è talmente consistente e solido da considerarsi, già allo stato, pressocché inconfutabile". E "l'unico obiettivo" di Bonaiuti "era uccidere la Scialdone". 

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