Beretta ha confessato di essere stato "il mandante", mentre l'esecuzione "sarebbe stata demandata" da lui, al prezzo di 50mila euro
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Marco Ferdico e Pietro Andrea Simoncini hanno confessato l'omicidio dell'ex capo ultrà dell'Inter Vittorio Boiocchi, avvenuto il 29 ottobre 2022. Ferdico, in carcere da settembre 2024 e a processo per associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso e vari reati, avrebbe ammesso di aver preso parte all'organizzazione del delitto in un interrogatorio con la Procura di Milano. Simoncini ha detto al pm di aver guidato la moto da cui sono stati sparati 5 colpi contro Boiocchi.
Marco Ferdico, uno degli ex capi del direttivo della Curva Nord interista, già in carcere da fine settembre nella maxi inchiesta milanese, ha confessato il suo ruolo e le sue responsabilità nell'omicidio Boiocchi, ammazzato a colpi di pistola il 29 ottobre del 2022 sotto casa a Milano. Ammissioni, quelle di Ferdico, che sono arrivate nei giorni scorsi, davanti al pm della Dda milanese Paolo Storari nelle indagini della Squadra mobile della Polizia, e prima della confessione di lunedì di Pietro Andrea Simoncini, uno dei due presunti esecutori materiali del delitto di quasi tre anni fa. Ferdico era nel direttivo della Nord assieme ad Andrea Beretta, ora collaboratore di giustizia, e ad Antonio Bellocco, rampollo della famiglia di 'ndrangheta, ucciso il 4 settembre scorso da Beretta.
"Per quanto riguarda l'omicidio Boiocchi, non c'entra niente Antonio Bellocco e la famiglia Bellocco, siamo stati noi a organizzare tutto. Praticamente quando è uscito Vittorio dalla carcerazione ...". Era iniziata così, in uno dei verbali dello scorso novembre, la ricostruzione di Beretta dell'omicidio Boiocchi, che era rimasto irrisolto. Un omicidio con "modalità mafiose", tanto che è stata contestata l'aggravante, e inserito nel contesto di una "guerra" sulla gestione degli affari legati al mondo delle curve.
A Beretta, successore di Boiocchi, pesava il ruolo che quest'ultimo voleva mantenere, una volta tornato libero dopo una lunga carcerazione. Beretta ha confessato di essere stato "il mandante", mentre l'esecuzione "sarebbe stata demandata" da lui, al prezzo di 50mila euro, a Marco Ferdico e al padre Gianfranco. Cinquantamila euro "per eliminare quello che era stato fino a quel momento il leader della Nord, per prendere il suo posto e dividere i profitti".
Sarebbe stato un altro ultrà interista Mauro Nepi (indagato ma non arrestato), anche lui già finito in carcere nel maxi blitz sulle curve, a suggerire a Beretta di rivolgersi ai Ferdico. E questi ultimi per il "progetto" si sarebbero rivolti, come veri esecutori materiali, a D'Alessandro (riconosciuto poi anche da un tatuaggio sotto l'occhio a forma di lacrima, "simbolo" dell'omicidio commesso) e Simoncini, già coinvolto in una faida di 'ndrangheta e salito a Milano appositamente.
Cristian Ferrario, altro ultrà interista, invece, si sarebbe intestato la moto usata per l'agguato. Dopo le due confessioni degli ultimi giorni davanti ai pm, la strada sembra ormai spianata anche per quelle degli altri tre arrestati. Una mossa con cui le difese cercano anche di evitare condanne all'ergastolo in Corte d'Assise.