La moglie era stata trovata morta in casa e i carabinieri erano alla ricerca dell'uomo
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Nazif Muslija, il 50enne di origine macedone accusato del femminicidio della moglie Sadjide Muslija, avvenuto il 3 dicembre a Pianello Vallesina di Monte Roberto (Ancona), è stato trovato dai carabinieri riverso al suolo, gravemente ferito, in una zona impervia del territorio di Matelica (Macerata). L'uomo era ricercato ed è accusato di omicidio volontario aggravato. I soccorritori del 118 intervenuti sul posto lo hanno stabilizzato prima di trasportarlo in ospedale. La sua auto, una Smart bianca, è stata trovata abbandonata nei pressi del luogo di ritrovamento del 50enne, la cui posizione è al vaglio degli inquirenti.
L'uomo avrebbe tentato di uccidersi, ma intorno alle 16:30 un cacciatore che si trovava nell'area lo ha notato e soccorso prima di lanciare l'allarme. La Procura di Ancona, che disporrà l'autopsia sul corpo della donna, aveva emesso nei confronti dell'uomo, accusato di omicidio volontario aggravato, un mandato di fermo internazionale.
Dopo la giornata di rilievi di mercoledì, i carabinieri della Sezione investigazioni scientifiche sono tornati nella casa dove abitava la donna - trovata morta sul letto con dei colpi violenti al cranio e al torace - alla ricerca di tracce microscopiche e dell'oggetto che suo marito avrebbe usato per ucciderla. I militari hanno sequestrato un tubo di ferro da cantiere che presenterebbe tracce ematiche e che ora verrà sottoposto ad analisi.
Nel frattempo è polemica sul percorso che avrebbe dovuto affrontare l'uomo in un Centro per uomini autori di violenza della durata di un anno. Un percorso legato al suo patteggiamento a un anno e dieci mesi di reclusione per le aggressioni e i maltrattamenti alla moglie. L'uomo aveva un anno di tempo per svolgere il percorso da quando la sentenza era passata in giudicato a settembre 2025: avrebbe dovuto fare incontri ogni due settimane per una durata totale di 60 ore. L'avvocato dell'uomo, Antonio Gagliardi, ha tuttavia affermato che "non c'era posto nell'associazione indicata dal percorso".
A intervenire è stata la stessa procuratrice capo della Repubblica ad Ancona, Monica Garulli, che ha parlato di "una storia che lascia l'amaro in bocca". "Non si possono trattare tutti i casi di violenza nello stesso modo. Credo che questo caso avrebbe meritato una corsia preferenziale, che nel caso in specie non c'è stata. - ha affermato Garulli -. Io penso che nel momento in cui si individua una struttura deputata al percorso di recupero, per evitare il pericolo di recidiva bisogna comprendere qual è il pericolo di recidiva e differenziare i percorsi a seconda della gravità dei fatti".
Anche il Centro antiviolenza di Ancona, per voce della presidente dell'associazione che lo gestisce, Roberta Montenovo, chiede misure più adeguate. "Si dovrebbe fare una valutazione del rischio in previsione di un possibile comportamento di escalation in senso negativo. - ha sottolineato Montenovo - Anche in attesa di qualsiasi tipo di percorso dovrebbero essere previste delle misure".