Milano, suicida dalla terrazza del Duomo il detenuto evaso da Bollate
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Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro: "Fare luce sulla scelta del giudice". La difesa di De Maria: "Nel carcere aveva fatto un ottimo percorso, non aveva mai dato segni di squilibrio"
Il caso di Emanuele De Maria e del suo permesso di lavorare all'esterno del carcere è al vaglio del ministero della Giustizia. L'uomo, che era detenuto nel carcere di Bollate per aver ucciso una ragazza tunisina di 23 anni, Oumaima Rache, a Castel Volturno nel 2016, si è suicidato domenica buttandosi delle terrazze del Duomo di Milano. Era ricercato per l'accoltellamento sabato all'alba di un 51enne fuori dall'Hotel Berna di Milano - dove entrambi lavoravano - e sospettato di aver ucciso anche un'altra dipendente dell'albergo, sparita da venerdì e trovata morta domenica tra le sterpaglie del Parco Nord. Secondo il pm che indaga, però, De Maria aveva premeditato entrambi gli omicidi.
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Secondo la procura di Milano, Emanuele De Maria stava seguendo un piano preciso. Secondo quanto emerge dalle indagini, l’uomo avrebbe prima assassinato Chamila Wijesuriya, 50 anni, barista presso l’hotel Berna, e successivamente avrebbe tentato di uccidere anche un altro dipendente della struttura, Hani Nasr, che però è riuscito a salvarsi reagendo all’aggressione. L’ipotesi avanzata dal sostituto procuratore Francesco De Tommasi è quella di un duplice delitto premeditato, di cui uno solo tentato. La vittima, Chamila, è stata colpita mortalmente alla gola con un'arma da taglio, in quello che gli inquirenti definiscono un gesto lucido e calcolato. Nasr invece è sopravvissuto grazie alla sua pronta reazione. Il magistrato ha inoltre disposto l’esame autoptico sui corpi, non solo per stabilire con esattezza le cause della morte, ma anche per verificare se De Maria avesse fatto uso di sostanze stupefacenti prima di mettere in atto la sua folle escalation di violenza.
Emanuele De Maria aveva intenzione di chiedere la semilibertà. A renderlo noto è l'avvocato Daniele Tropea, legale del detenuto suicida dopo un presunto duplice omicidio. "Ne avevo parlato con lui poco tempo fa - dice il legale - Il mese prossimo avevo in programma di chiedere la semilibertà per il mio assistito".
De Maria "meritava il permesso di lavorare fuori visto l'ottimo percorso che aveva fatto all'interno del carcere", ha detto l'avvocato Daniele Tropea, legale del detenuto. "La sua posizione era stata valutata dall'area educativa del carcere di Bollate e dal magistrato di Sorveglianza di Milano - ha aggiunto Tropea - Non mi sarei mai aspettato nulla di quanto accaduto e nemmeno che De Maria potesse trasgredire le regole". "Un evento assolutamente imprevedibile. Mai un segnale che potesse far pensare a un disagio mentale o comportamentale", ha spiegato l'avvocato. Una condotta impeccabile in carcere che aveva fatto guadagnare a De Maria il percorso di rielaborazione del reato. "Era una persona inserita in un percorso positivo, tutto faceva pensare a un reale processo di reintegrazione, non aveva mai dato alcun segno di squilibrio e si trovava in regime di lavoro all'esterno sia per il comportamento modello tenuto in carcere quanto per il percorso di consapevolezza mostrato sul reato commesso", ha concluso l’avvocato Tropea.
"Non spetta al Dap concedere il permesso di lavorare all'esterno del carcere e dunque sulla vicenda De Maria l'amministrazione penitenziaria non c'entra nulla e non può avere responsabilità. È la magistratura, con il giudice che ha deciso per la sua scarcerazione, ad aver fatto una scelta. Credo bisogni chiedere dunque a quest'ultima. È evidente che si debba fare luce su cosa è successo, ma è prematuro dire qualunque cosa adesso. Non so se la decisione della scarcerazione sia corretta o meno, vedremo. Ma di sicuro non l'ha presa il Dap". Così il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro.
"Capisco lo sgomento, perché indubbiamente è una cosa che è difficile da spiegare ai cittadini di come, dopo un omicidio, la condanna sia di 14 anni e dopo non molti anni il condannato possa uscire". Così il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha parlato di Emanuele De Maria. "Sono le leggi però per cui - ha aggiunto - non saprei neanche che commento fare. Certamente è una faccenda molto cruenta".