Per gli ermellini i video sessualmente espliciti acquisiti da un utente non possono essere diffusi liberamente
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Chi condivide con terzi contenuti erotici della piattaforma Onlyfans rischia un'accusa penale, in particolare di revenge porn. È quanto stabiliscono i giudici della quinta sezione della Cassazione in una ordinanza del 2 settembre in cui prendono in esame una vicenda avvenuta a Pavia nel periodo del lockdown. Per gli ermellini i video sessualmente espliciti acquisiti da un utente non possono essere diffusi liberamente.
Nell'atto di una ventina di pagine si afferma che "il consenso espresso dalla persona ritratta al momento della condivisione (nel caso di specie, a pagamento) è circoscritto alla facoltà di visualizzazione del solo destinatario del contenuto" e per questo "integra il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti la condotta di chi lo trasmetta a terzi senza il consenso della persona ritratta".
Per l'associazione Differenza Donna la decisione della Cassazione ha "il merito di argomentare la decisione tenendo conto dei principi espressi dalla Convenzione di Istanbul - che ricordiamo essere anche legge dello Stato Italiano - che pone al centro dell'accertamento giudiziario per la configurazione del reato sempre e solo il consenso della persona offesa". Per l'avvocato Teresa Manente è "fondamentale riconoscere la libertà di autodeterminazione sessuale anche nella pratica di scambi di immagini intime online, pratica oggi molto diffusa ove soprattutto le giovani donne sono maggiormente esposte al pericolo di diffusione non consensuale delle immagini dei propri corpi".
La vicenda giudiziaria nasce durante il lockdown del 2021, in un contesto di amicizia tra tre giovani, due dei quali vicini di casa. La ragazza decide di iscriversi a OnlyFans e pubblicare contenuti erotici, condivisi consapevolmente con gli altri due amici all'interno della piattaforma. Tutto cambia a ottobre 2021, quando uno dei ragazzi invia via WhatsApp un video esplicito della donna a un quarto soggetto, estraneo al gruppo.
La vittima viene a sapere della diffusione e presenta querela il 12 novembre. La Procura di Pavia rinvia a giudizio l'imputato per revenge porn. Il gup lo condanna a 5 mesi e 10 giorni di reclusione. La Corte d'Appello di Milano, accogliendo il ricorso della difesa, riforma la sentenza di primo grado dichiarando di "non doversi procedere per tardività della querela". Secondo i giudici di secondo grado, infatti, la mancanza del consenso della vittima alla diffusione del video erotico di cui era protagonista è riferibile al momento in cui l'aveva inviato inizialmente al suo amico, e quindi al 2 febbraio 2021.
La Cassazione ribalta la decisione. "Il video è uscito dal ristretto circuito di condivisione 'a tre' solo a partire da ottobre 2021", si legge. Di conseguenza, la querela di novembre è considerata tempestiva. La Suprema Corte ha, quindi, ribadito che il revenge porn è applicabile anche ai contenuti tratti da piattaforme erotiche come OnlyFans, "dove non è consentito il download dei file ricevuti".