macabri particolari

Delitto di Gemona, la madre: "Gli ho iniettato l'insulina che serviva per suicidarmi | A Mailyn diceva che in Colombia l'avrebbe annegata"

La donna: ho svuotato un intero blister di medicinali nella limonata, ma non è stato sufficiente. L'agonia di Alessandro "durata sei ore"

05 Ago 2025 - 16:26
 © Tgcom24

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Lorena Venier, l'infermiera di 61 anni che ha ucciso e fatto a pezzi il figlio Alessandro, di 35 anni, nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto di fronte al Gip del Tribunale di Udine, fornisce altri particolari sull'efferato delitto che ha scioccato la comunità. "Abbiamo deciso di ucciderlo addormentandolo: ho svuotato un intero blister di medicinali nella limonata, ma non è stato sufficiente. A quel punto - ha proseguito la donna - gli ho fatto due iniezioni di insulina, visto che non si addormentava del tutto. Le avevo in casa da circa 5 anni. Le avevo prelevate dal luogo dove lavoro, perché all'epoca avevo deciso di utilizzarle per uccidermi".

"Agonia durata 6 ore"

 Lo abbiamo stordito con un sonnifero attorno alle 17.30, ma è morto solo verso le 23, perché non riuscivamo a finirlo", ha confessato Lorena Venier agli investigatori, spiegando le modalità dell'uccisione del figlio. "Una volta che anche l'insulina ha fatto effetto - ha aggiunto - abbiamo provato a soffocarlo con un cuscino, ma Alessandro continuava a reagire, anche se era privo di forze". "Il piano non prevedeva di sezionarlo - ha concluso la madre -: l'ho fatto, da sola, quando abbiamo capito che il corpo non ci stava nel bidone in cui avrebbe dovuto decomporsi, in attesa di spargere i resti in montagna. A quel punto, con un seghetto, l'ho fatto in tre pezzi e Mailyn lo ha trasportato nell'autorimessa e coperto di calce".

Soffocato con i lacci, la calce comprata su Amazon

 La madre di Alessandro Venier  ha confessato di aver fatto "una cosa mostruosa", e aveva già fornito i dettagli dell'omicidio. Prima, secondo il suo racconto, lei e la nuora avrebbero sciolto un narcotico nella limonata fatta bere a Venier. Ma poi, lui era ancora vivo, e così la madre, che è infermiera, gli ha fatto due iniezioni di insulina per renderlo incosciente. E quindi hanno provato a soffocarlo a mani nude, ma non riuscendo "Mailyn ha preso i lacci delle scarpe, finendolo". E una volta compiuto l'omicidio, le donne hanno fatto a pezzi il cadavere con un attrezzo per la legna e l'hanno nascosto in un bidone ricoperto di calce viva, comprata pochi giorni prima su Amazon.

"Mailyn chiedeva di ucciderlo da 6 mesi

 "Mailyn mi chiedeva di uccidere mio figlio Alessandro da mesi, fin dal giorno della nascita della loro bambina, a gennaio". E' quanto ha riferito Lorena Venier nel corso della lunga confessione del delitto. "Mailyn veniva picchiata con violenza, insultata e più volte minacciata di morte - ha spiegato il movente la donna -: mio figlio minimizzava la sua depressione post partum e, quando ho deciso di denunciarlo, mi ha tirato un pugno alla schiena".

Il 35 diceva alla compagna: "In Colombia ti annego"

 Venier avrebbe minacciato più volte la compagna e le avrebbe anche detto, in uno dei frequenti litigi domestici: "Ti porto in Colombia e ti annego nel fiume, tanto laggiù non ti cerca nessuno". Secondo la ricostruzione della madre della vittima, ci sarebbe insomma stata un'escalation di minacce e violenze dietro la decisione delle due donne di uccidere il 35enne. Suocera e nuora non avevano coinvolto le forze dell'ordine, denunciando quanto accadeva in casa, perché temevano ritorsioni da parte dell'uomo. 

Attesa per la versione della compagna

 Nel suo lungo colloquio con gli inquirenti, la suocera non fa mai riferimento al coinvolgimento della bambina, figlia di Mailyn e di Alessandro Venier. La 30enne, che soffriva di depressione post partum, è stata trasferita nell'Istituto a custodia attenuata per madri dell'Isola della Giudecca, a Venezia, dove mercoledì i suoi legali, Federica Tosel e Francesco De Carlo, sperano di poterle parlare per la prima volta, raccogliendo anche la sua versione sul delitto. Finora, fatta eccezioni per le ammissioni dettagliate, non utilizzabili nel processo perché rilasciate senza un legale, avvenute nella caserma dei carabinieri di Gemona, la donna non ha fatto nessuna dichiarazione verbalizzata sull'accaduto e ogni dettaglio della vicenda è stato ricostruito solamente in base alle parole della suocera di Mailyn. 

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