"Credo che non avrebbero dovuto farci aspettare così tanto tempo per sapere la verità. La gestione del caso doveva essere diversa. Parlare con la famiglia del ragazzino che ha buttato l'oggetto? Non sento il bisogno di ricevere delle scuse"
© Tgcom24
Stava passeggiando con la sua fidanzata, Chiara Jaconis, per i Quartieri spagnoli di Napoli, quando una statuetta ha colpito in testa la donna, uccidendola. Oggi Livio Rousseau racconta la sua vita dopo quella tragedia assurda e del 13enne che lanciò l'oggetto dal balcone, evidentemente non imputabile, dice: "Non provo rabbia, solo amarezza. E voglio andare avanti. Per Chiara". Sono passati solo pochi giorni dalla rivelazione arrivata dalla Procura dei minori e Livio della vicenda dice soltanto: "Non sto né meglio né peggio. Certo, la gestione del caso poteva essere diversa, senza farci aspettare così tanto per sapere la verità".
Il ragazzino che lanciò la statuetta era problematico, racconta il "Gazzettino". Già in passato era capitato che buttasse oggetti in strada, ma i genitori non sarebbero intervenuti per risolvere il problema. E adesso, dopo che è stata accertata la responsabilità del 13enne, resta aperta l'inchiesta della Procura ordinaria con i genitori nel mirino.
Dopo le conclusioni dell'inchiesta Livio dice: "Sospettavo che quella statuetta non fosse caduta da sola". Ma, adesso che conosce la verità, il giovane chiarisce che "ora non sto né meglio né peggio, tanto nulla mi ridarà indietro Chiara. Una parte di me è contenta che l'indagine sia andata avanti, un'altra si pone sempre la stessa domanda. Tra tutti i momenti in cui poteva cadere quella statua, perché proprio quando c'era Chiara lì sotto?".
L'unica risposta che si è dato è "che purtroppo queste tragedie capitano. Succedono di continuo terribili fatti di cronaca. Penso alle persone ubriache che provocano incidenti mortali". Non prova rabbia neanche per la famiglia del ragazzino, che non ha ammesso nessuna responsabilità per quello che è accaduto il 15 settembre 2024. "So come funziona - spiega -. Immagino che quei genitori si siano fatti consigliare e l'indicazione sia stata di restare in silenzio. Provo amarezza, ma non rabbia".
Livio Rousseau non ha voglia di parlare con quella famiglia, tanto, dice, "non cambierebbe molto, non voglio scuse. Ci facciamo forza a vicenda con la sorella e con i genitori di Chiara". E poi ricorda come si sono conosciuti. "Era l'ottobre del 2022. Lei si era trasferita a Parigi (dove Livio già viveva da tempo) per lavorare nell'alta moda e dopo sei mesi siamo andati a vivere insieme".
A Napoli erano andati per una vacanza che Livio gli aveva regalato per il suo trentesimo compleanno. "Quel giorno - ricorda - stavamo camminando per i Quartieri spagnoli, ho sentito il rumore di un oggetto caduto dall'alto e ho visto Chiara accasciarsi a terra. Ho capito subito che la situazione era disperata, i medici sono stati trasparenti e non mi hanno raccontato favole. E' morta in ospedale dopo due giorni. Ora la ricorderemo sempre per come la conoscevamo. Adesso vivo la mia vita anche per Chiara".