A gestire le piazze di spaccio erano interi nuclei familiari, che utilizzavano anche minorenni per la cessione di stupefacenti. I pusher stoccavano le sostanze persino nelle camerette dei figli piccoli
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Una vasta operazione antidroga ha consentito di smantellare un'organizzazione che gestiva il traffico e lo spaccio nel quartiere Sperone di Palermo. I hanno eseguito 58 provvedimenti cautelari (37 in carcere, 20 domiciliari e un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) emessi dal gip del tribunale di Palermo. A gestire le piazze di spaccio erano interi nuclei familiari, che utilizzavano anche minorenni per la cessione di stupefacenti.
La droga stoccata e venduta nelle camerette dei bimbi L'organizzazione aveva a disposizione diversi magazzini e appartamenti, in cui i sodali si riunivano per decidere le strategie, spartirsi i proventi o rifornire i pusher. Queste basi venivano utilizzate per lo stoccaggio di marijuana e hashish o come laboratori per "cucinare" la cocaina per la produzione di crack. In alcuni casi venivano usate le camerette dei figli piccoli per stoccare, lavorare e vendere le sostanze.
Mogli e madri collaboravano attivamente nella gestione dello spaccio Fondamentale nei gruppi criminali il ruolo delle donne, madri, mogli e conviventi dei capi delle compagini, che collaboravano attivamente nella direzione delle attività criminali, nei contatti con i fornitori e nel tenere la contabilità delle piazze di spaccio, pronte anche a subentrare nella gestione in caso di arresto di uno dei promotori.
I pusher erano organizzati su turni h24 I profitti venivano redistribuiti per il sostentamento delle famiglie dei detenuti e il pagamento delle spese legali; i pusher erano organizzati su turni h24 per garantirne la piena attività anche durante le ore notturne, con direttive precise sui punti dei cortili condominiali dove occultare lo stupefacente e sulle modalità di consegna agli acquirenti.
Profitti stimati nell'ordine di 1,5 milioni di euro all'anno I militari hanno ricostruito l'organigramma dell'associazione, da cui dipendevano tre distinti gruppi criminali, ognuna con a capo una famiglia che si organizzava autonomamente. Le piazze di spaccio garantivano ai tre clan profitti stimati nell'ordine di 1,5 milioni di euro su base annua.