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Migranti, la nave Alan Kurdi a 20 miglia da Lampedusa nonostante il divieto | Open Arms soccorre altre 52 persone

A bordo dellʼimbarcazione della Ong Sea Eye ci sono 40 persone tra cui due donne di cui una incinta e tre bimbi di cui uno con una cicatrice di dieci centimetri causata da unʼarma da fuoco. Salvini: "Se entra in acque italiane, prenderemo possesso dellʼimbarcazione"

Migranti, la nave Alan Kurdi a 20 miglia da Lampedusa nonostante il divieto | Open Arms soccorre altre 52 persone - foto 1
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La Alan Kurdi, la nave della ong Sea Eye con a bordo 40 migranti soccorsi al largo della Libia, è ferma a 20 miglia da Lampedusa.

A niente sono serviti i moniti del ministro dell'Interno Matteo Salvini, del ministro dei Trasporti Danilo Toninelli e del ministro della Difesa Elisabetta Trenta, che mercoledì hanno firmato il provvedimento per il divieto di ingresso alla nave umanitaria nelle acque italiane.

Divieto di ingresso - La guardia di finanza ha notificato all'equipaggio della Alan Kurdi il decreto che vieta l'ingresso nelle acque territoriali italiane. I militari sono saliti a bordo della nave, che si trova in acque internazionali a circa 20 miglia da Lampedusa, e hanno consegnato al comandante della nave il provvedimento firmato dai ministri Salvini, Trenta e Toninelli che prevede il divieto "di ingresso, transito e sosta nel mare territoriale".

A bordo bimbo con una ferita da arma da fuoco - C'è anche un un bimbo di tre anni con una ferita di 10 cm sulla spalla causata da un'arma da fuoco a bordo della Alan Kurdi. Lo ha detto la capo missione Barbara Held, spiegando che molti hanno raccontato di "terribili esperienze" passate in Libia. I bimbi a bordo sono tre, due le donne, di cui una incinta. "Stiamo andando - ha spiegato Held - a Lampedusa e spero che troveremo un porto sicuro che definitivamente non è in Libia. La gente soccorsa ci ha detto che prima di tornare in Libia preferirebbero affogare in mare. Non lasceremo che ciò accada".

Salvini: "Disgustosa provocazione" - Sulla vicenda è intervenuto anche il vicepremier Matteo Salvini: "C'è una novità squallida e disgustosa, è in atto l'ennesima provocazione nel Mediterraneo. Sto raccogliendo elementi ma dimostreremo al mondo che non abbiamo lezioni da prendere: si comportano davvero in maniera meschina i perfettini che vorrebbero dare lezioni al mondo".

"Se entrano in Italia, prendiamo possesso della nave" - "Governo tedesco avvisato mezzo salvato, Ong avvisata mezza salvata", ha poi tuonato il ministro dell'Interno. "Se entrano in acque italiane, prenderemo possesso di quell'imbarcazione. Stiamo giocando a rubamazzo? Basta, mi sono rotto le palle. Le navi saranno requisite e saliremo a bordo".

"Ricatto della Germania" - "Dal governo tedesco sono arrivati segnali pessimi", ha aggiunto Salvini. "Mi hanno girato una email che arriva dalla commissione europea in cui c'è un ricatto da parte del governo tedesco che si era impegnato a prendere 30 immigrati della Gregoretti in cui dicono che li prendono se facciamo sbarcare 40 della Alan Kurdi".

Open Arms soccorre 52 persone al largo della Libia, firmato divieto di ingresso in acque italiane - Altri 52 migranti sono stati salvati da una nave al largo della Libia. Si tratta di 34 uomini, 16 donne e due bambini soccorsi da Open Arms. "Stavano affondando, l'acqua stava entrando nel gommone, ma siamo arrivati in tempo. Sono al sicuro e ora abbiamo bisogno di un porto sicuro", ha riferito il fondatore della Ong catalana, Oscar Camps. Anche per la Open Arms Salvini, Toninelli e Trenta hanno firmato un divieto di ingresso, transito e sosta nelle acque territoriali italiane per la Open Arms.

La Libia chiude i principali centri per migranti - Intanto dall'altro lato del Mediterraneo, il governo di accordo nazionale libico ha disposto la chiusura dei principali centri per i migranti nelle città di Misurata, Al-Khoms e Tajoura. Le procedure di evacuazione sono già iniziate. Il 2 luglio il centro di Tajoura venne colpito da un raid aereo che provocò 53 morti e 87 feriti, compresi bambini. Nei giorni scorsi l'inviato Onu per la crisi in Libia, Ghassan Salamé, ha esortato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a chiedere alle autorità di Tripoli di prendere "la decisione strategica e a lungo rinviata, ma necessaria, di liberare che sono detenuti nei centri".