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Siccità, Coldiretti: devasta il raccolto del riso italiano, perdite per oltre il 30%

L'ondata di caldo, i rincari delle materie prime e l'inflazione stanno mettendo in crisi un settore di cui l'Italia è leader in Europa 

La siccità sta devastando le risaie italiane con perdite stimate in oltre il 30% del raccolto in un momento in cui l'aumento record dei costi di produzione provocato dalla guerra in Ucraina ha già tagliato di diecimila ettari le semine a livello nazionale.

È quanto emerge dall'analisi della Coldiretti sulle conseguenze della mancanza di acqua e del caldo su un settore strategico per l'economia e l'approvvigionamento alimentare del Paese dove si raccolgono 1,5 milioni di tonnellate di risone all'anno, oltre il 50% dell'intera produzione Ue.

 

Le produzioni nel Nord Italia - La siccità e i rincari delle materie prime conseguenza anche della guerra in Ucraina sono tra le prime cause della crisi che sta mettendo in ginocchio la produzione italiana di riso. Pesano sull'andamento dei raccolti soprattutto le condizioni climatiche: non è un caso se le due Regioni maggiori produttrici di riso, Piemonte e Lombardia, sono anche quelle più colpite dal caldo. Qui si trova infatti il 90% dei 217mila ettari coltivati in Italia e ci sono aree fra le province di Novara, Vercelli e parte di quella di Pavia dove il rischio concreto è di perdere anche il 40% della produzione a causa della mancanza di acqua.

 

I costi di produzione - A rendere ancora più drammatica la situazione gli aumenti record subiti dal costo delle materie prime, come il gasolio, aumentato anche fino sl +129%. Rincari da capogiro hanno interessato anche i costi di produzione: il costo dell'energia, già salito prima della guerra, allo scoppio di questa è addirittura raddoppiato. Il tutto ha fatto sì che anche il prezzo del prodotto finale sia diverso: il costo del riso originario, quello che si usa per fare il sushi, è passato da 350 a 770 euro alla tonnellata, il ribe è passato da 330 a 570 e l’arborio e il carnaroli, rispettivamente, sono aumentati del 25 e del 60%.

 

Le importazioni low cost - C'è un altro fattore che ha contribuito a mettere in forte difficoltà i produttori italiani, ovvero la concorrenza dei concorrenti asiatici e delle loro importazioni low cost. In Italia oltre il 70% del riso importato è oggi a dazio zero, con il Myanmar che è diventato il nostro primo fornitore con 23 milioni di chili nei primi quattro mesi del 2022. Il Paese, insieme alla Cambogia, ha infatti beneficiato per anni dell'azzeramento dei dazi per esportare in Italia e in Europa qualsiasi prodotto (fatta eccezione per le armi). Ne è risultata un'immissione nel mercato italiano di enormi quantità di prodotto asiatico a un costo inferiore con un effetto distruttivo per i produttori italiani.

 

I possibili scenari futuri - Di fronte a questa compresenza di fattori, non è difficile immaginare che i prezzi sugli scaffali dei supermercati siano destinati a salire ancora. L'annuncio della Russia di sospendere le esportazioni di grano, riso, orzo e mais nell'Unione Economica Euroasiatica (EEU) fino al 31 agosto pur non impattando direttamente sulla situazione italiana, potrebbe favorire fenomeni di speculazione, che in una situazione di difficoltà dei mercati si estende dall'energia alle materie prime agricole.  Shirley Mustafa, economista della FAO, ha spiegato che in futuro potrebbe esserci un maggiore interesse per il riso di qualità inferiore da destinarsi all’alimentazione animale se il mercato di grano e mais continuerà su questa strada.

 

 

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