Pubblicò su YouTube il video del ladro di bicicletta "sbagliato": Gabriele Vagnato costretto dai giudici a rimuoverlo
Le immagini postate dall'influencer avevano reso identificabile un uomo innocente infrangendo gli scudi di Google e Codice Privacy
Gabriele Vagnato è un noto youtuber e i suoi video ricevono ogni volta diverse visualizzazioni.
Quello che serviva per smascherare un ladro di biciclette aveva raggiunto mezzo milione di persone. Si trattava di un "esperimento sociale" - Vignato, infatti, aveva abbandonato "casualmente" una bici con un localizzatore gps sistemato sotto il sellino per individuare un eventuale ladro - e, in teoria, era ben riuscito. Peccato che l'uomo ripreso dalle telecamere e messo alla gogna sui social non fosse "meritevole" di tale attenzione. Non era un ladro, bensì un normalissimo cliente di un bar. E adesso - come riportato dal Corriere della Sera - un'inchiesta della Procura di Milano ha visto, per la prima volta, il Tribunale del Riesame confermare il sequestro preventivo del video da 559mila visualizzazioni disposto per diffamazione dalla gip Stefania Donadeo.
Perché si tratta di una svolta
Sino ad oggi ottenere la rimozione di un video simile era - di fatto - impossibile perché Google - padrone di YouTube - come gli altri social network si fa scudo del primo emendamento della Costituzione statunitense (che tutela la libertà di parola finanche oltraggiosa) per non rispondere alle richieste italiane di rimozione di contenuti diffamatori. Anche perché una modifica del 2018 al Codice della Privacy aveva reso penalmente irrilevante il trattamento illecito di dati personali attraverso l'indebita pubblicazione di video su Internet a prescindere dal consenso dell'interessato.
La vittoria della vittima
L'uomo ripreso da Vagnato era risultato essere ben identificabile da chi lo conosceva per aspetto fisico e abbigliamento. Da qui era partita la richiesta allo stesso youtuber di fare un video di rettifica, ma Vagnato aveva rivendicato di aver fatto tutto nel rispetto della legge (addirittura di aver fatto tutto sotto supervisione di un istituto forense e di criminologi esperti di privacy) e aveva invocato l'articolo 21 della Costituzione sul diritto a esprimere il proprio pensiero. Adesso, però, è costretto a rimuovere il video.
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