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Torino, "è manesco e antipatico": i medici si rifiutano di operarlo, il paziente li denuncia

I sanitari si sono appellati allʼarticolo 28 del codice deontologico sulla "fiducia del malato". Battaglia legale in corso al Mauriziano

Torino,
lapresse

Ha dato in escandescenza per almeno tre volte, in tempi diversi, al pronto soccorso dell'ospedale Mauriziano di Torino, minacciando il personale, a tal punto che i sanitari si sono rifiutati di operarlo.

Così si gioca ora in tribunale la diatriba tra un 48enne in preda a dolori lancinanti per necrosi della testa femorale bilaterale e denunciato per aggressione da un medico e da un infermiere, nonché oggetto di un esposto da parte della struttura per i suoi atteggiamenti "antipatici e maneschi", e gli operatori sanitari che si appellano all'articolo 28 del codice deontologico medico. Quello sulla "fiducia del cittadino". La storia su La Stampa.

La vicenda Tutto inizia a dicembre quando il 48enne si reca in ospedale lamentando forti dolori e gli viene dato un codice verde con ore di attesa. Stessa cosa accade a gennaio. E ancora lunghi tempi di attesa anche a febbraio per ritirare la documentazione clinica. In queste situazioni gli animi si scaldano e si arriva agli esposti e alle denunce. Anche da parte del paziente, che, nel frattempo, è stato ricoverato e operato in un'altra struttura e che ora attacca: "Il comportamento dell'ospedale è illegittimo".

L'articolo 28 su "La fiducia del cittadino" D'altronde l'articolo 28 del codice di deontologia medica al quale i sanitari si appellano parla chiaro: "Qualora abbia avuto prova di sfiducia da parte della persona assistita o dei suoi legali rappresentanti, se minore o incapace, il medico può rinunciare all'ulteriore trattamento, purché ne dia tempestivo avviso; deve, comunque, prestare la sua opera sino alla sostituzione con altro collega, cui competono le informazioni e la documentazione utili alla prosecuzione delle cure, previo consenso scritto dell'interessato".

Sicuramente la sua applicazione è rarissima, ma come riporta La Stampa, in questo caso la decisione di "risolvere il rapporto fiduciario con il paziente" è stato necessario per i "gravi contrasti anche fisici".