Da 15 giorni a Stefano Argentino era stata tolta la sorveglianza. L'avvocato della madre della ragazza uccisa: "Una fine terribile: quel giovane ha deciso il destino di due famiglie"
Sì è suicidato nel carcere di Messina Stefano Argentino, il 27enne detenuto con l'accusa di avere ucciso Sara Campanella. Il femminicidio risale al 31 marzo. Il giovane da qualche tempo non era più in regime di alta sorveglianza ma era stato trasferito in una cella con altri due detenuti. Aveva anche ripreso a mangiare dopo aver rifiutato a lungo il cibo. Sara era stata accoltellata a morte da Argentino mentre usciva dalla facoltà di Medicina, nel capoluogo siciliano. L'avvocato della madre di Sara: "Una fine terribile, un colpo doloroso".
A trovare il corpo di Argentino, che si è impiccato, sono stati alcuni agenti della polizia penitenziaria. Subito dopo l'arresto e la confessione del delitto, il giovane aveva detto che intendeva togliersi la vita. Era quindi stato avviato per lui un percorso di recupero e sostegno: Argentino aveva avuto diversi colloqui con medici e psicologi ed era infine tornato alla vita comune nel penitenziario, dove era stato tolto dal regime di alta sorveglianza soltanto quindici giorni fa.
Dai racconti che filtrano dal carcere sembra che nel pomeriggio si sia allontanato dai compagni, per poi suicidarsi. Inutili i soccorsi. La Procura di Messina ha aperto un'inchiesta, mentre per l'uccisione di Sara è già stata fissata la prima udienza del processo, per il 10 settembre.
"È l'epilogo terribile di una storia terribile - dice Concetta La Torre, l'avvocato che assiste la mamma di Sara Campanella -. Ha deciso lui le sorti di due famiglie. Per noi è un colpo molto doloroso. Non possiamo che essere addolorati ni questo momento. Non ci sono parole per descrivere i sentimenti che stanno provando i familiari di Sara".
Per l'avvocato Stefano Cultrera, legale del 27enne suicida, "è il triste, drammatico epilogo di una storia di cui si supponeva già il finale. Sara è stata uccisa, Stefano si è tolto la vita e l'unica responsabilità è da attribuire allo Stato". "Avevo chiesto una perizia psichiatrica perché avevo compreso Stefano e i suoi problemi - ha spiegato il legale - mi ero fatto portavoce degli stessi fuori dal carcere e il gip me l'ha negata. Avrebbe potuto salvare almeno una delle due vite, invece lo Stato dovrà sentirsi responsabile del misfatto".