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Maurizio Costanzo e la lotta alla mafia: quando Riina e Messina Denaro provarono a ucciderlo

L'attentato il 14 maggio del 1993. Il giornalista e la moglie Maria De Filippi si salvarono per miracolo

Cosa troverai nell'articolo:
Le ospitate in tv: da Falcone a Libero Grassi
Il precedente tentativo di agguato
Primo tentativo fallito per un difetto al detonatore
L'auto cambiata all'ultimo minuto
"Lo Stato ha vinto", il commento all'arresto di Messina Denaro

Maurizio Costanzo e la lotta alla mafia: quando Riina e Messina Denaro provarono a ucciderlo - foto 1
Da video

Maurizio Costanzo, morto a Roma all'età di 84 anni, negli anni 90 finì nel mirino di Cosa Nostra.

La lotta alla mafia condotta soprattutto nelle sue trasmissioni tv davano fastidio e per questo la cupola decise che doveva essere fatto fuori. Un commando capitanato da Matteo Messina Denaro si trasferì a Roma e preparò l'attentato di via Fauro ai Parioli. Una serie di coincidenze, però, salvarono sia Costanzo che la moglie Maria De Filippi.

 

Fotogallery - L'attentato fallito della mafia contro Maurizio Costanzo

 

Le ospitate in tv: da Falcone a Libero Grassi

 Maurizio Costanzo era in prima fila quando c'era da combattere la mafia. Aveva spesso ospitato quello che divenne un suo grande amico, il giudice Giovanni Falcone. E nel 1991, dopo l'assassinio dell'imprenditore Libero Grassi, con Michele Santoro organizzò una maratona televisiva che coinvolgeva Rai e Mediaset. Ci fu anche il gesto eclatante di Costanzo che in diretta bruciò una maglietta con la scritta "Mafia Made in Italy". Episodi che fecero finire il nome di Costanzo nella lista nera della cupola mafiosa.

 

 

Il precedente tentativo di agguato

 Maurizio Costanzo nel maggio del 1993 scampò a un attentato mafioso a Roma progettato a causa del suo forte impegno contro Cosa Nostra. Ma prima la mafia tentò di organizzare un altro agguato. Nel febbraio 1992 infatti un gruppo di fuoco composto da mafiosi di Brancaccio e della provincia di Trapani venne spostato a Roma con la missione di uccidere Maurizio Costanzo, il magistrato Giovanni Falcone e il ministro Claudio Martelli. Non riuscendo a rintracciare Falcone e Martelli, il gruppo pedinò per più giorni Costanzo. Il conduttore venne seguito per alcune sere dopo le registrazioni della trasmissione "Maurizio Costanzo Show". Ma quando il piano era pronto, il gruppo venne richiamato in Sicilia dal boss Salvatore Riina.

 

 

Primo tentativo fallito per un difetto al detonatore

 Dopo il primo tentativo sospeso, nel maggio 1993 un altro gruppo di fuoco composto da mafiosi di Brancaccio e Corso dei Mille, in cui però non figurava Matteo Messina Denaro presente però nella prima spedizione, arrivò nuovamente a Roma per compiere l'attentato a Costanzo. Dopo diversi sopralluoghi venne rubata una Fiat Uno che venne riempita di esplosivo e parcheggiata in via Fauro. Il primo giorno il congegno non esplose per un difetto. 

 

 

L'auto cambiata all'ultimo minuto

 Il secondo giorno la bomba esplose ma Salvatore Benigno schiacciò il pulsante in ritardo: aspettava Costanzo su un'Alfa Romeo 164, mentre comparve una Mercedes blu, non blindata. Il presentatore e Maria De Filippi rimasero illesi, la Lancia Thema con a bordo le due guardie del corpo fu scalfita dall'esplosione (i due uomini rimasero feriti). Nell'esplosione crollò il muro di una scuola, sei auto furono distrutte e sessanta danneggiate.

 


"Lo Stato ha vinto", il commento all'arresto di Messina Denaro

 "La dimostrazione che lo Stato ha vinto e soprattutto che non è colluso ma ci tengo a ringraziare molto anche i carabinieri. Confesso che quando ho appreso la notizia dell'arresto mi sono emozionato, io per fortuna sono qui e posso essere testimone di questa giornata storica, al tempo sono sfuggito al peggio per miracolo, lo sappiamo ma sono passati tanti anni e le cose sono cambiate, appartiene al passato". Questo disse Maurizio Costanzo il giorno della cattura del superlatitante Matteo Massina Denaro.
 

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