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Omicidio del fratello del pentito, la pista di una faida di 'ndrangheta che si trascina da 24 anni

Eʼ ancora caccia ai due killer del 51enne, la Procura indaga per omicidio premeditato con lʼaggravante mafiosa

Omicidio del fratello del pentito, la pista di una faida di 'ndrangheta che si trascina da 24 anni - foto 1
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Gli inquirenti indagano per omicidio volontario premeditato con l'aggravante mafiosa per l'uccisione di Marcello Bruzzese, il 51enne fratello del collaboratore di giustizia Biagio Girolamo Bruzzese, sottoposto a protezione.

E' caccia ai due killer: secondo gli investigatori il delitto potrebbe essere un regolamento di conti per fatti di 'ndrangheta di oltre vent'anni fa, oppure una vendetta trasversale nei confronti del fratello della vittima.

Marcello Bruzzese, infatti, già nel 1995 era scampato a un agguato nel Reggino: in quell'occasione l'uomo, all'epoca 28enne, era rimasto ferito all'addome, mentre il padre Domenico (vice del boss di Rizziconi Teodoro Crea) era rimasto ucciso assieme ad Antonio Maddaferri, marito di una sorella. E nel 2003, con un voltafaccia, fu proprio Girolamo Bruzzese a mettere fine all'alleanza con Crea sparandogli tre colpi di pistola alla testa. Quindi, credendolo morto, si costituì e iniziò a collaborare. Crea, invece, sopravvisse e venne arrestato. L'anno successivo, nel 2004, il tentato omicidio di Crea venne "punito" con l'assassinio del suocero di Girolamo Bruzzese, Giuseppe Femia.

E ora, a 14 anni di distanza, la faida potrebbe essere ripresa. Oppure, come suggerisce l'associazione Libera, potrebbe trattarsi di una sorta di "messaggio" indiretto a tutti i collaboratori di giustizia, un invito nemmeno troppo sommesso a tenere la bocca chiusa.

La famiglia di Marcello Bruzzese, in ogni caso, era rientrata in un programma che prevede una forma di protezione di fatto solo attraverso un sostegno economico, cioè casa e stipendio pagati dal ministero dell'Interno. Non era dunque mai stata modificata la sua identità, tanto che sulla cassetta delle lettere è indicato il suo cognome.

L'agguato è avvenuto poco dopo le 18 del 25 dicembre, quando i due killer incappucciati hanno atteso che Bruzzese parcheggiasse l'auto in garage nella stretta via Bovio, dove abitava con la famiglia da tre anni, per scaricagli addosso una trentina di colpi di arma automatica calibro nove, di cui almeno 15 andati a segno.

Nel pool di magistrati delle due procure, che per il momento operano congiuntamente nel procedimento in via d'urgenza, lavorano il procuratore di Pesaro Cristina Tedeschini, il pm Maria Letizia Fucci al fianco dei pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Ancona Daniele Paci e Paolo Gubinelli, in coordinamento con il procuratore distrettuale Monica Garulli. Superata la fase d'urgenza, del fascicolo si occuperà la Distrettuale.

Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha annunciato che giovedì in mattinata sarà in prefettura a Pesaro per il comitato ordine pubblico e sicurezza. Ed è proprio al vicepremier che il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, ha voluto rivolgere, tramite Facebook, alcune domande. "Non è giusto che una città venga sconvolta in questo modo - ha detto il primo cittadino -. Quanti sono i collaboratori di giustizia a Pesaro? Quale è il livello di sicurezza richiesto? Cosa non ha funzionato ieri?".

"Già in passato - ha aggiunto Ricci preoccupato per la sua città - Pesaro è stata sede di protezione per pentiti ma ciò che è successo ieri è molto grave. Ora si creerà un'apprensione nuova e giustificata nella popolazione, stato d'animo che il sindaco deve provare a interpretare. In questo caso non è la 'ndrangheta che è venuta a Pesaro ma è lo Stato che ha portato a Pesaro delle persone da proteggere dalla 'Ndragheta, probabilmente perché considera questo territorio più slegato da certi fenomeni criminali".