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Mani pulite, per sei italiani su dieci in 30 anni non è cambiato niente

Era il 17 febbraio 1992 quando Mario Chiesa fu arrestato e si aprì il vaso di Pandora sulla corruzione in Italia. Ecco i risultati di un sondaggio di Demos e Libera sulla percezione del malaffare

Tangentopoli, 30 anni fa l'arresto di Mario Chiesa e il via a "Mani pulite"

A trent'anni dall'arresto a Milano del presidente del Pio Albergo Trivulzio Mario Chiesa (quel 17 febbraio 1992 prese il via l'inchiesta giudiziaria di Mani pulite che mise fine alla Prima Repubblica), sei italiani su 10 ritengono che in materia di corruzione in Italia non sia cambiato nulla.

Solo per il 16% il fenomeno è diminuito rispetto all'epoca di Tangentopoli. Lo rivela una ricerca di Demos e Libera sulla percezione della corruzione e delle mafie, che offre un quadro aggiornato sulle opinioni degli italiani in relazione alle possibile ricadute del malaffare sul flusso delle risorse finanziarie previste dal Pnrr.

I risultati del sondaggio - Il 78% degli italiani ritiene che la corruzione in politica sia lo specchio della società. E per questo è difficile da debellare. Dunque, l'intreccio tra politica e corruzione è fortemente radicato nelle prospettive dei cittadini. Solo il 10% crede che la corruzione sia oggi meno legata alla politica rispetto al passato.

 

I numeri di Tangentopoli, lʼinchiesta che 30 anni fa segnò lʼItalia

 

"La caduta del muro di Berlino ha tolto il tappo, prima era impossibile guardare nei cassetti del potere. Le conseguenze furono sul piano politico le difficoltà dei partiti tradizionali e sul piano della giustizia che l'inchiesta non si fermava. La corruzione non credo che esista più ai livelli di allora - ha affermato l'ex pm di Mani pulite, Gherardo Colombo. - Se inchieste come quella sulla P2 o i fondi neri all'Iri fossero rimaste a Milano, avremmo scoperto prima la corruzione sistematica".

 

 

Eppure, stando alla ricerca di Demos, per il 60% degli italiani, al pari del passato, corruzione e politica sono tra loro connesse. La corruzione viene percepita come un male per il bene comune: per il 77% degli intervistati ha inciso negativamente riducendo l'efficienza della sanità pubblica nel fronteggiare il coronavirus.

 

La corruzione sembra essere un fenomeno endemico e latente per gli italiani. E il 22% pensa sia ancor più diffusa. La violenza mafiosa, secondo una considerevole parte di cittadini, appare oggi limitata rispetto al passato (42%). L'adozione di una strategia meno sanguinaria rende la mafia meno notiziabile, quindi mimetizzata agli occhi del pubblico. Lavorando nell'ombra emerge una diversa logica mafiosa, più centrata sul collegamento con il mondo dei professionisti e dei colletti bianchi. L'85% riconosce il ruolo fondamentale dei colletti bianchi e professionisti nel legame con le mafie.

 

 

Al tempo del Covid-19, l'idea che la corruzione in Italia si stia diffondendo ulteriormente mostra, nelle opinioni degli intervistati, un dato piuttosto ampio: 67%. Una porzione simile (65%) ritiene che la mafia stia aumentando il suo potere grazie al coronavirus.

 

"La mafia che uccide o esercita forme di violenza diretta è, oggi, residuale: prevale quella 'imprenditoriale' che fa soldi con i soldi, usando eventualmente la minaccia e l'intimidazione. Col rischio - commenta Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera - che la strategia di 'basso profilo', nell'ombra, induca a pensare che non esista più. Invece esiste ed è più che mai potente, perché insediata nei gangli dell'economia dei monopoli e del cosiddetto libero mercato, libero, ma soggetto alle regole dei più forti".

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