"Aveva già avuto rapporti ed era in condizione di immaginare i possibili sviluppi della situazione", avevano scritto i giudici che in primo grado avevano scagionato il 31enne
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La sostituta procuratrice generale di Ancona, Cristina Polenzani, ha chiesto di annullare la sentenza di assoluzione e, quindi, di condannare un 31enne scagionato da presunti abusi sessuali commessi nel 2019 ai danni di una 17enne. Il magistrato ha presentato istanza in appello per tornare alla pena richiesta in primo grado (quattro anni e un mese) o, in subordine, per fatto di minore gravità con pena che potrebbe scendere entro i limiti della sospensione condizionale. "Aveva già avuto rapporti ed era in condizione di immaginare i possibili sviluppi della situazione", avevano scritto i giudici che in primo grado avevano assolto l'uomo.
La sostituta pg ha sottolineato che le parole della ragazza furono "precise e puntuali", che acconsentì ad "effusioni" e manifestò subito di non voler andare oltre. "Per non incorrere in violenza - ha ricordato la pg - il consenso ci deve essere dall'inizio alla fine del rapporto: lei manifestò subito il suo no" mentre "l'imputato non percepì volontariamente la volontà della ragazza". La giovane, hanno ricordato accusa e parte civile (avvocato Fabio Maria Galiani), uscì dall'auto e raccontò subito alla sua migliore amica che gli era stato fatto del male. In subordine alla condanna per violenza sessuale, l'accusa ha chiesto l'applicazione dell'ultimo comma dell'articolo 609 bis riguardante abusi sessuali di minore gravità "tenuto conto delle circostanze e dell'età" dei giovani coinvolti. Il legale di parte civile ha ricordato anche il percorso di sostegno psicologico di circa due anni che la parte offesa, non presente in aula, dovette sostenere a suo tempo. In quel momento, aveva raccontato la giovane, tentò di urlare ma non vi riuscì mentre l'imputato la bloccava con una mano sulla spalla.
I difensori dell'imputato, che oggi era presente in aula, gli avvocati Mauro Riccioni e Bruno Mandrelli, hanno invece chiesto la conferma dell'assoluzione: il processo è di tipo indiziario, hanno ribadito, elencando una serie di circostanze e contraddizioni che, a loro giudizio, dimostrerebbero la non credibilità delle dichiarazioni rese dalla ragazza tra cui il fatto che non avrebbe urlato o chiesto aiuto al momento del fatto e l'assenza di lesioni riscontrate durante gli accertamenti medici prima di sporgere la denuncia. Dopo i fatti, hanno sottolineato i difensori, nella chat con un amico il loro assistito usava toni scherzosi senza avere alcuna contezza di poter aver commesso un abuso.