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Lombardia, caso camici: indagato il cognato di Fontana | Accertamenti sul ruolo del governatore

Verifiche su un appalto alla società Dama per la fornitura di materiale medico per 513mila euro. Per la procura il presidente della Regione (non indagato) avrebbe avuto un "ruolo attivo" nella vicenda

La Procura di Milano accende un faro sul governatore Attilio Fontana nell'inchiesta sulla fornitura da mezzo milione di euro di camici e altro materiale da parte della Dama, società di cui la moglie del presidente della Regione detiene una quota e di cui il cognato Andrea Dini è titolare. Quest'ultimo è indagato con il direttore generale di Aria Spa, la centrale acquisti della Regione Lombardia, Filippo Bongiovanni. Il reato ipotizzato è turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente.

Dai primi atti dell'indagine, coordinata dai pm Luigi Furno, Carlo Scalas e Paolo Filippini e dall'aggiunto Maurizio Romanelli, sarebbero emersi elementi che fanno ipotizzare un interessamento di Fontana - allo stato non indagato - nella fase di trasformazione dell'ordine di acquisto diretto in donazione. Dalle verifiche finora effettuate risulterebbe un "ruolo attivo" nella vicenda, sempre smentito dal governatore che già un mese fa aveva precisato, in una nota, di non essere "mai intervenuto in alcun modo".

 

Altri particolari sarebbe emersi nelle ultime ore, con l'acquisizione negli uffici regionali dove ha sede la Consip della Lombardia da parte dei militari del Nucleo Speciale di Polizia valutaria della Guardia di Finanza di contratti, note di credito, mail, documento di offerta, storno delle fatture. Altrettanto utili per far luce sulla questione sarebbero anche le audizioni di questi giorni di persone informate sui fatti, tra cui l'assessore Raffaele Cattaneo e Francesco Ferri, presidente di Aria, e giovedì per 7 ore di Carmen Schweigl, il responsabile della struttura gare.

 

Dalle carte raccolte quella dei camici si configurerebbe come una vera e propria fornitura, un ordine di acquisto diretto datato 16 aprile a Dama srl, che detiene il marchio di Paul&Shark, da parte di Aria. La sua trasformazione in donazione sarebbe stata simulata e sarebbe avvenuta dopo che la trasmissione 'Report' aveva iniziato ad interessarsi alla vicenda mettendo in luce un conflitto di interessi.

 

Le ricostruzioni investigative fatte finora legano lo storno delle fatture del 20 maggio ad una precedente intervista del 15 maggio di "Report" a Fontana. In quel frangente non sarebbero state poste domande dirette sul caso ma di più di ampio respiro. Per questo il governatore agli inviati della trasmissione televisiva aveva "già spiegato per iscritto - è il testo di una nota di circa un mese fa - che non sapevo nulla della procedura".

 

Tra i temi di indagine, oltre al fatto che il numero di mascherine poi effettivamente donate era minore rispetto a quello riportato nel contratto di fornitura e che lo storno delle fatture riguardava una cifra inferiore rispetto a quella pattuita, c'è anche quello che riguarda l'assessore Cattaneo, responsabile dell'unità regionale per il reperimento dei dispositivi di protezione anti-Covid: sarebbe stato lui a consigliare ad Aria di scegliere Dama, cosa che fa ipotizzare sia stato al corrente che si trattava di una fornitura da parte di una azienda legata alla famiglia Fontana.

 

Un altro punto che i pm intendono chiarire riguarda i 75mila camici al centro del contratto: 50mila sarebbero stati donati mentre i restanti 25 mila Dama spa avrebbe cercato di rivenderli. Cosa che fa ritenere che la donazione formalmente non si e' conclusa. Le indagini, però, sono soltanto all'inizio.

 

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