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Omicidio Vannini, Ciontoli piange al processo: "Chiedo perdono, sono l'unico responsabile"

Si chiude il processo dʼappello bis e nelle prossime ore i giudici emetteranno la sentenza

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"So di non essere la vittima ma il solo responsabile di questa tragedia". Lo ha detto Antonio Ciontoli, imputato nel processo di appello bis per l'omicidio di Marco Vannini, nelle dichiarazioni spontanee rese in aula prima che la corte si riunisca per la sentenza. "Sulla mia pelle sento quanto possa essere insopportabile, perché innaturale, dover sopportare la morte di un ragazzo di vent'anni, bello come il sole e buono come il pane", ha aggiunto commosso.

"Chiedo perdono per quello che ho commesso e anche per quello che non ho commesso. So di non essere la vittima ma il solo responsabile di questa tragedia", dice Antonio Ciontoli, imputato nel processo bis per l'omicidio di Marco Vannini, nel corso di dichiarazioni spontanee. Imputati al processo anche la moglie e i due figli di Ciontoli. "I miei familiari non meritano di essere giudicati e condannati per la mia colpa", ha aggiunto. "Quando si spegneranno le luci su questa vicenda, rimarrà il dolore lacerante a cui ho condannato chi ha amato Marco. Resterà il rimorso di quanto Marco è stato bello e di quanto avrebbe potuto esserlo ancora e che a causa del mio errore non sarà. Marco è stato il mio irrecuperabile errore". 

 

 

Giudici in camera di consiglio, i Ciontoli rischiano 14 anni - La procura generale ha chiesto una condanna a 14 anni di carcere per omicidio volontario di tutta la famiglia, nella cui casa venne ferito mortalmente Marco Vannini il 21enne di Cerveteri morto nel 2015. In subordine si chiede una condanna a 9 anni e 4 mesi per la moglie di Ciontoli Maria Pizzillo e i due figli, mantenendo il concorso nell'omicidio. All'appello bis si arriva dopo la pronuncia della Cassazione che ha annullato la condanna per omicidio colposo e chiesto di riconoscere il reato di omicidio volontario con dolo eventuale. All'appello bis si è giunti dopo la pronuncia della Cassazione che ha annullato la condanna per omicidio colposo e chiesto di riconoscere il reato di omicidio volontario con dolo eventuale.

 

La difesa della famiglia Vannini: "Tutti sapevano la gravità della ferita" - Alla difesa, secondo cui i Ciontoli erano "inconsapevoli della gravità delle lesioni riportate" dal ragazzo, risponde, per la parte civile, Franco Coppi: "Ciontoli voleva celare lo sparo partito dalla sua arma. E per questo ha trascinato la situazione fino a un punto di non ritorno. Nonostante tutti sapessero la situazione di gravità estrema". I fatti risalgono al 18 maggio 2015. La vittima venne portata presso il punto di primo soccorso di Ladispoli quando le sue condizioni erano ormai disperate: il proiettile, aveva provocato gravi ferite interne, ma i Ciontoli avevano tenuto il ragazzo in casa, mentre urlava, preso dal panico, per il dolore. Ai soccorritori, chiamati quasi due ore dopo lo sparo, avevano detto una serie di bugie: che Marco era scivolato, poi che aveva avuto un attacco di panico dopo uno scherzo, che si era ferito con un pettine. Il responsabile ammise che il ragazzo era stato colpito, per errore, da un proiettile, solo davanti al medico di turno: la ferita che aveva sotto l'ascella destra, a prima vista non lasciava pensare a un colpo di arma da fuoco, ma gli aveva fatto perdere oltre due litri di sangue. Il proiettile aveva ferito gravemente il cuore e i polmoni, ma se fosse stato trasportato subito in ospedale, si sarebbe salvato.
 

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