Gli atti sono tornati alla Procura di Trieste, che dovrà decidere come procedere: se rendere noti i nomi dei due che hanno contaminato i reperti o se chiedere l'archiviazione
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Non si concluderà in giornata la nuova inchiesta su Unabomber. Gli atti sono tornati alla Procura di Trieste che dovrà decidere come procedere, se rendere noti i nomi dei due soggetti che hanno contaminato i reperti e se chiedere l'archiviazione. A giudizio delle difese, si tratta di operazioni che richiederanno comunque alcuni giorni. "In totale sono state indagate 63 persone, ma quel che fa più specie è che un anno e mezzo fa avevano già i risultati che escludevano il coinvolgimento degli 11 iniziali, tra cui l'ingegnere Elvo Zornitta, e li hanno costretti a restare nel processo, con le sofferenze che questo ha comportato", hanno detto i legali degli indagati.
Nel corso dell'incidente probatorio si è appreso dunque che l'indagine è stata allargata a 63 persone, senza giungere ad alcuna corrispondenza del Dna con gli 11 indagati. Secondo le difese, si sarebbe dovuta comunicare l'estraneità delle persone indagate originariamente appena emersa, "evitando patimenti e spese di consulenze e legali ingenti".
"Adesso dimenticatemi", ha chiesto Elvo Zornitta dopo la sua definitiva uscita dall'inchiesta, sancita dalla superperizia odierna che esclude la presenza del suo Dna sui reperti analizzati. "Non ne posso più di questa vicenda. La mia vita è stata rovinata per sempre, con il marchio di Unabomber stampato in faccia. È stato un incubo lungo oltre 20 anni. Ma ora basta: almeno la vecchiaia, visto che ho 68 anni, permettetemi di trascorrerla in pace, con la mia famiglia, guardando negli occhi, senza paura di essere giudicato, le persone che incontro".
"Anche in questa seconda inchiesta la parola umanità resta sconosciuta: ci hanno fatto soffrire 18 mesi in più del lecito, ma si rendono conto che dietro le inchieste ci sono delle persone con le loro famiglie?", ha aggiunto Zornitta, dopo aver appreso che la superperizia aveva escluso il coinvolgimento degli 11 indagati iniziali già 18 mesi fa. "Familiari che hanno sofferto quanto e forse più di me. Devo tutto a mia moglie e a mia figlia, uniche ragioni di vita in quel periodo drammatico della mia vita. Capisco che c'era la necessità di portare a termine un'opera scientifica mastodontica e ringrazio i periti del loro lavoro egregio, ma penso che qualcosa nell'ordinamento vada modificato. Diciotto mesi possono sembrare un soffio per chi conduce una normale esistenza, ma per chi è stato nuovamente indagato come possibile Unabomber, dopo che un tribunale aveva definitivamente accertato la manomissione delle prove a mio carico, sono un'eternità, un tempo infinito, un periodo in cui ti trovi nuovamente sospeso sull'abisso, pur sapendo di non aver mai fatto nulla. Da quando mi sono sottoposto al test del Dna, due anni fa, considerati i precedenti che ho subito e che mi hanno rovinato la vita, ho contato i giorni che mi separavano da oggi".