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Immigrazione clandestina e riciclaggio, smantellata organizzazione nigeriana: riti voodoo imposti alle donne

Le vittime avrebbero dovuto saldare i loro debiti con prostituzione o accattonaggio per ottenere "la libertà ed evitare conseguenze per loro stesse e i propri familiari in Nigeria"

Le ragazze nigeriane reclutate e introdotte in Italia venivano vessate, sottomesse e assoggettate con la celebrazione di riti "voodoo" a garanzia del debito contratto per arrivare nel nostro Paese. È quanto scoperto dall'indagine, che ha portato a 40 arresti, della Direzione Distrettuale Antimafia e dalla Procura di Cagliari su una associazione a delinquere di matrice nigeriana. Sono complessivamente 122 le persone coinvolte nell'indagine per riciclaggio internazionale di capitali illeciti e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Il caso è stato aperto grazie alla denuncia di una donna introdotta clandestinamente in Italia. La testimone ha parlato di "un'estesa rete di persone, operanti tra la Nigeria e l'Italia" che ha costretto "giovani donne nigeriane, con la promessa di un lavoro nel nostro Paese, ad assumersi ciascuna debiti, anche di 25 o 50mila euro, compreso le spese del viaggio verso l'Italia". Debiti che le vittime avrebbero dovuto saldare per ottenere "in cambio la libertà ed evitare conseguenze per loro stesse e i propri familiari in Nigeria".

 

L'indagine - Le ricerche hanno portato alla luce "una struttura reticolare suddivisa su tre gruppi criminali radicati, rispettivamente, in Sardegna (nel cagliaritano), in Piemonte (nel torinese), in Emilia Romagna (nel ravennate), ma con operatività estesa in altre aree italiane e transnazionale (in Nigeria, Libia Germania)" e sono state identificate le vittime, 50 donne nigeriane (41 costrette a prostituirsi e 9 all'accatonaggio per le città), portate in Italia da propri connazionali.

 

 

Prostituzione e riciclaggio - Le ragazze venivano gestite dagli indagati tramite delle "postazioni di lavoro", con a capo figure come "madame" o "sister/brother", che si occupavano di controllare il regolare svolgimento delle attività da parte delle vittime e di riscuotere un canone mensile di 150 euro per l'affitto delle "postazioni". Il denaro, secondo quanto spiega la Gdf, veniva riciclato prevalentemente con investimenti immobiliari in Nigeria grazie a corrieri "portavaligie", ricariche su carte prepagate e canali di money-transfer. Sono stati individuati 7 centri hawala e ricostruiti trasferimenti di valuta per oltre 11 milioni di euro.

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