intervento in aula

Delitto Tramontano, Impagnatiello: "Si è voltata e l'ho colpita al collo | A pranzo da mia mamma col cadavere in auto"

"Sono annegato in un castello di bugie", ha detto intervenendo in aula al processo. E ha ammesso: "In due occasioni le ho somministrato un grammo di topicida mentre dormiva"

27 Mag 2024 - 14:51

Intervenendo in aula al processo per l'omicidio della fidanzata Giulia Tramontano, Alessandro Impagnatiello ha ammesso di aver ucciso la giovane (che era al settimo mese di gravidanza) e di averne occultato il cadavere. Il barista ha quindi spiegato che "la persona che ero in quel periodo non è quella di oggi. Questo processo mi sta aiutando a mettere a posto dei punti che avevo sparsi, dei tasselli confusi. Ora posso parlare della reale verità, oggi sono una persona lucida".

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"Dalla notizia della gravidanza un'altalena confusionale"

 Quando Giulia Tramontano gli annunciò di essere incinta, ha raccontato, "iniziò un'altalena confusionale. Da una parte c'era la gioia per la costruzione di una famiglia con Giulia, dall'altra parte invece motivazioni personali e di coppia che facevano da ostacolo", anche legate all'attaccamento al proprio lavoro di Impagnatiello.

"Sono annegato in un castello di bugie"

 "Io a Giulia non ho mai fatto credere di essere pazza. Avevo costruito un castello di bugie in cui io stesso sono annegato", ha detto Impagnatiello durante l'interrogatorio al processo in corso a Milano in cui ha di nuovo ammesso di aver ucciso e occultato il corpo della fidanzata che ha accoltellato un anno fa nella loro casa di Senago.

"Un fiume di bugie anche dopo l'omicidio"

 "Ho continuato questo fiume di bugie. Continuavo a portare avanti questa doppia e questa finta realtà nella mia testa", ha proseguito parlando dei momenti successivi all'omicidio e in particolare rispondendo al pm Alessia Menegazzo che gli chiedeva se, anche in quel frangente, avesse continuato a mentire all'altra donna rispetto alla gravidanza di Giulia.

Ha ammesso di aver falsificato il test del Dna

 Impagnatiello ha confermato di averle continuato a dire che il bambino di cui era incinta Giulia non era suo. Rispondendo alle domande del pubblico ministero nel processo a suo carico per omicidio, Impagnatiello ha anche ammesso di aver falsificato il test del Dna per far credere all'amante di non essere il padre del bimbo di cui era incinta Giulia.

"La fine della storia ha distrutto la mia ancora di salvataggio"

 La conferma che la loro relazione era finita e che Giulia sarebbe tornata a Napoli, che "io non avrei mai conosciuto quel bambino che di lì a poco sarebbe arrivato, ha distrutto la mia ancora di salvataggio". Dopo il mancato incontro-confronto con le due donne, Impagnatiello è a casa quando Giulia rientra "in un clima non agitato, ma freddo". "Parlammo un quarto d'ora, ma c'era ben poco da dire oltre a trovare l'ennesima giustificazione o raccontare false verità", "un momento" da affrontare "con totale vergogna" per quanto era accaduto "perché Giulia, era il mio futuro e quel bambino era il mio piccolo".

Fotogallery - Alessandro Impagnatiello piange durante l'udienza

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"Giulia si è voltata e l'ho colpita al collo"

 Impagnatiello ha quindi ripercorso il momento del delitto: "Giulia mi ignora. Io mi muovo, vado verso la cucina, vedo che c'era questo coltello con cui stava tagliando delle verdure", mentre era china in soggiorno per prendere un cerotto da un cassetto in basso di un mobile in quanto si era tagliata e "mi metto immobile alle spalle in attesa che si rialzi per tornare in cucina, l'ho colpita all'altezza del collo, ma non so con quanti colpi. Lei prima si è voltata".

"Giulia mi ignorava, ero totalmente invisibile"

 Impagnatiello ha raccontato di aver cercato "di mangiare qualcosa, cercai di distrarmi con un panino, con qualcosa di pronto trovato in frigo, ma non avevo fame, solo per tenermi occupato. Poi lasciai spazio a Giulia in cucina. Nel momento in cui uscii, entrò lei in cucina". Erano circa le 19.45. "Giulia - ha ricostruito - stava preparando qualcosa per sé quando sentii un piccolo lamento, si era fatta male a un dito. Di fronte al divano c'è un mobile con un cassetto in basso con dentro i medicinali di cui faceva uso Giulia ed anche cerotti. Le chiesi cosa fosse successo, ma non mi rispose. Lo chiesi di nuovo, ero a pochi metri da lei, e continuava a non rispondermi. Come se non esistessi. Ero totalmente invisibile ai suoi occhi. Mi ignorava".

Quanti colpi ha sferrato Impagnatiello? "È un'informazione che non ho mai avuto"

 "Mentre lei era abbassata" per cercare nel sacchetto dei farmaci "vado verso la cucina, vedo che c'era questo coltello con cui stava tagliando delle verdure, mi sono piazzato immobile alle sue spalle, in attesa che si rialzasse per tornare in cucina. La colpii, all'altezza del collo. Ma non so quanti colpi, è una informazione che non ho mai avuto. L'ho saputo dalla tv".

"Ho tentato di far sparire il corpo"

 Dopo l'omicidio, "era come se cercassi di nascondermi e di nascondere tutto ciò che si era manifestato quella sera. Quindi, avvolto completamente da uno strato di insensata follia, di illogica, di pazzia totale, tentai di far sparire, letteralmente sparire, il corpo di Giulia. Tentai di dare fuoco al corpo di Giulia - ha spiegato -, utilizzando prodotti infiammabili per fare le pulizie". L'uomo ha riferito di aver cercato di bruciare per tre volte il corpo di Giula e di aver pulito l'appartamento usando "sgrassatori ma non candeggina" per non lasciare tracce del suo tentativo di cancellare i segni dell'omicidio.

"Il cellulare di Giulia l'ho buttato nel tombino"

 "Il cellulare di Giulia l'ho gettato assieme ai documenti e alle carte di credito nel tombino" nel parcheggio del McDonald's, "dove io lascio il motorino per andare al lavoro" in metro. Impagnatiello ha ricostruito gli spostamenti del cadavere, come lui ha detto, "senza alcuna logica. Un susseguirsi di cantina, box e box e cantina". L'uomo ha anche affermato che il delitto è avvenuto tra le 19:30 e le 20 e che "successivamente, saranno state le 21- 21.30 in mezzo a tutte queste azioni veramente ipnotiche, confusionali, c'era una parte di me, una minuscola parte di me, che era viva e cercava aiuto". Era come se quella parte "cercasse di essere vista da qualcuno - ha aggiunto - perché spostare il suo corpo per quattro rampe di scale in una palazzina dove ci sono famiglie, era come se cercassi di fare in modo che qualcuno mi vedesse, mi scoprisse, mi fermasse, chiamasse la polizia e interrompesse tutto".

"A pranzo da mia mamma con il cadavere in auto"

 "Sono andato a pranzo da mia mamma con l'auto, a bordo c'era il corpo di Giulia", ha aggiunto Impagnatiello, che ha ammesso di aver tentato di sviare le indagini: "I messaggi che mandavo a Giulia erano lettere di addio, era quella parte di me che non credeva a ciò che era successo. Una parte di me che contrastava con quella che aveva agito senza controllo quella sera". Raccontando dei due tentativi di dare fuoco al corpo della fidanzata, Impagnatiello ha detto che voleva "renderla cenere".

"Sì, ho avvelenato Giulia mentre dormiva"

 Impagnatiello, alla pm Alessia Menegazzo che, in aula, gli domanda se avesse somministrato alla ragazza del topicida, ha risposto: "Sì, l'ho avvelenata. In due occasioni le ho somministrato un singolo grammo di questo topicida nel sonno mentre dormiva". In che modo? "Nel letto, nella bocca di Giulia semiaperta, leggermente aperta nel sonno", ha risposto ancora.

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