"Il trattamento dei dati è stato illegittimo"

Licenziata perché "beccata" al ristorante mentre era in malattia: il Garante multa il Comune per violazione della privacy

Le telecamere avevano documentato uscite non autorizzate e una cena durante l'assenza per motivi di salute

03 Dic 2025 - 10:14
 © Istockphoto

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Il caso di assenteismo si è trasformato in un boomerang per una amministrazione dell'Alta Padovana: il Garante per la protezione dei dati personali ha inflitto una sanzione di 15mila euro al Comune di Curtarolo per "trattamento illecito dei dati personali" nei confronti di un'impiegata licenziata dopo essere stata ripresa dalle videocamere mentre era assente per malattia.

La donna era stata allontanata dal servizio dopo che i sistemi di videosorveglianza avevano documentato comportamenti ritenuti incompatibili con lo stato di salute dichiarato. Le immagini incrociate con i dati di presenza, mostravano l'impiegata uscire ed entrare dal municipio in orario lavorativo senza registrare correttamente i movimenti, fermandosi all'esterno per questioni private.

Altre telecamere pubbliche poi, avevano ripreso la stessa lavoratrice mentre camminava davanti al palazzo comunale durante il periodo di malattia, seppure al di fuori degli orari di reperibilità previsti dalla normativa.

Infine un filmato girato da un dipendente comunale con il proprio telefono e inviato tramite WhatsApp al cellulare personale del sindaco Martina Rocchio ritraevano la dipendente al ristorante, mentre pranzava insieme a due colleghe, anch'esse assenti dal lavoro per malattia. Anche in questo caso, l'episodio si era verificato fuori dalle fasce orarie di reperibilità obbligatoria. Il video era finito sul telefono privato della prima cittadina perché, come specificato negli atti, l'ente locale "non dispone di risorse economiche sufficienti a garantire al sindaco un cellulare e un'utenza intestata al Comune".

Nonostante le prove raccolte sembrassero schiaccianti e offrissero tutti gli ingredienti classici dell'assenza dal posto di lavoro di una "furbetta del cartellino", l'Autorità garante ha accolto il ricorso presentato dalla ex dipendente, ritenendo che le modalità di acquisizione e gestione delle informazioni abbiano violato la normativa sulla privacy.