Centinaia i neodiciottenni destinatari della cosiddetta 18app che si sono ritrovati senza il contributo, usufruito da sconosciuti che avevano sottratto loro l'identità digitale. Oltre 400mila euro di danni al ministero della Cultura
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Si indaga sulla frode che, attraverso il Bonus Cultura, la carta elettronica del valore di 500 euro destinata ai neodiciottenni e da utilizzare per l'acquisto di libri, corsi di lingua, biglietti di concerti e altro, ha trasferito migliaia di euro su conti esteri. Il tentativo è individuare e smantellare l'organizzazione di hacker che c'è dietro. Già a giugno la notizia di una maxioperazione da Firenze che aveva coinvolto più regioni e aveva portato a 10 denunce, al termine di due anni di indagine. Grazie a Spid irregolari venivano illecitamente riscossi "Bonus Cultura", detti anche Bonus 18app. In questo modo chi ne aveva diritto si è visto rifiutare la domanda perché il contributo era già stato erogato, ma ad altri. Ecco come.
A scoprire questa presunta frode la polizia con un'indagine coordinata dalla procura di Firenze ed estesa ad altre regioni: dieci le persone denunciate, altrettante le perquisizioni, con sequestri di più dispositivi informatici trovati nella disponibilità degli indagati oltre a password e pin di numerose carte di servizi intestate a terze persone. Frode informatica, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e riciclaggio dei proventi illecitamente percepiti le ipotesi di reato contestate a vario titolo.
Le indagini, condotte dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica Toscana, erano partite nell'estate 2023 a seguito di 70 denunce presentate da altrettanti neodiciottenni ai quali, si spiega in una nota della polizia, sarebbe stato sottratto il Bonus Cultura.
Da quanto ricostruito ciò sarebbe avvenuto "mediante l'illecita attivazione di Spid 'paralleli' presso Registration authorities gestite dai presunti autori della frode: accedendo alla piattaforma in sostituzione degli aventi diritto avrebbero così realizzato il voucher del Bonus Cultura, utilizzandolo poi presso esercizi da loro gestiti ed emettendo fatture elettroniche false per ottenere" dal ministero della Cultura "rimborsi a fronte di beni e servizi di fatto mai venduti".
Più di recente, a Torino, come riferisce Il Corriere della Sera, la polizia postale ha scoperto 2mila concessioni abusive, una sessantina le vittime torinesi. Gli indagati sono 3 a Torino e 15 in totale. Decine di migliaia i bonus elargiti e milioni di euro da recuperare. All'attenzione degli investigatori ci sono anche gli stessi beneficiari di bonus regolari che hanno spartito con altri una parte dei 500 euro che dovevano invece servire a comprare libri, prodotti musicali e culturali.
Le indagini iniziali della polizia postale di Firenze, che si sono poi estese a tutto il territorio nazionale, avrebbero consentito "di rilevare oltre 2.500 Spid irregolari utilizzati per emettere circa 2.000 voucher Bonus Cultura validati da 7 esercenti fittizi dislocati in diverse regioni italiane". Gli accertamenti hanno consentito al Mic "di sospendere prontamente, in via cautelare, i rimborsi illecitamente richiesti, impedendo così un aggravio del danno economico già subìto dal dicastero, pari a circa 400.000 euro".
Durante le perquisizioni, disposte dalla procura di Firenze ed eseguite dalla Polizia postale per la Toscana con l'ausilio dei Cosc Piemonte, Umbria, Campania e Puglia, "rinvenuti numerosi riscontri a corroborare l'ipotesi investigativa, come credenziali Spid, firme digitali, apparecchi Pos, conti correnti e carte utilizzati per perpetrare la frode".
Per lasciare senza soldi centinaia di diciottenni destinatari del Bonus Cultura (ma tanti non hanno mai saputo di essere stati vittime degli hacker), bande specializzate in truffe informatiche hanno sfruttato falle del sistema. Le modalità per incassare il contributo sono cambiate con il passaggio obbligato per IO, l’app dei servizi pubblici gestita da PagoPA e qui la scoperta che alcuni hacker avevano clonato le loro identità digitali, entrando così in possesso di documenti e codici fiscali. Per poi richiedere nuovi Spid e fare la domanda del bonus al posto dei 18enni a cui avevano rubato l'identità.
Gli hacker aprivano conti in Italia e all'estero con la complicità di prestanome per nascondere i proventi. Lo schema partiva dal primo iban fornito. Poi si passava ad altri, anche fuori Italia, in Paesi poco collaborativi con le forze di polizia italiane, seguendo una linea di riciclaggio continua, fino all'ultimo conto corrente di nuovo italiano dal quale prelevare i contanti. Soldi che gli investigatori della postale non escludono siano serviti per finanziare altre attività illecite, come il traffico e lo spaccio di droga.