C'è un colpo di scena a Torino: archiviazione concessa solo a Lapo e Ginevra. Per il terzo fratello, invece, imputazione coatta. Gli avvocati: "Decisione abnorme, faremo ricorso in Cassazione"
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C'è un colpo di scena a Torino nella storia infinita del contenzioso legale che da decenni si trascina intorno al patrimonio che fu di Gianni Agnelli. Un gip del capoluogo piemontese, Antonio Borretta, ha ordinato alla procura di formulare un capo d'accusa a carico di John Elkann. I pubblici ministeri avevano proposto l'archiviazione del caso, ma ora saranno costretti a chiedere il rinvio a giudizio dell'imprenditore con quella che nel gergo dei palazzi di giustizia viene definita una "imputazione coatta".
A meno che la Cassazione non decida diversamente: i legali di Elkann hanno già annunciato un ricorso alla Suprema Corte perché, spiegano, la mossa del giudice Borretta, oltre ad essere "sorprendente", è "abnorme e difficile da comprendere". Per ritrovare il filo della vicenda, il cui primo passo fu un esposto della madre di John, Margherita Agnelli, bisogna tornare indietro di alcuni mesi, quando la procura subalpina, al termine delle indagini, stabilì che per l'indagato John Elkann si doveva seguire un doppio binario: archiviazione rapida per una parte delle ipotesi di reato, continuazione del procedimento per l'altra parte.
Archiviazione per Lapo e Ginevra - Il gip Borretta, dopo avere ascoltato le parti in causa in un'udienza celebrata nel massimo riserbo, nei giorni scorsi ha preso tutti in contropiede e ha detto "no". Per Elkann, e per il commercialista di famiglia Gianluca Ferrero, occorre "l'imputazione coatta". Il fascicolo riguarda la località di residenza di Marella Agnelli Caracciolo, vedova di Gianni Agnelli e nonna di Elkann. L'ipotesi degli inquirenti è che la donna - morta nel 2019 - stesse di casa a Torino ma che, per aggirare le norme sul fisco, venisse fatta figurare come domiciliata in Svizzera. Ora l'archiviazione completa è stata disposta per Lapo e Ginevra Elkann, fratelli di John, e per il notaio svizzero Urs Robert von Gruenigen. Per John, invece, rimangono in piedi due capi d'accusa legati - secondo quanto si è appreso - alle dichiarazioni dei redditi del 2019 e del 2020.
I legali: "Accuse infondate" - "Per noi - è il commento degli avvocati difensori - questi tecnicismi processuali non cambiano nulla: ribadiamo la nostra ferma convinzione che le accuse mosse a John Elkann siano prive di qualsiasi fondamento e riaffermiamo la forte convinzione che egli abbia sempre agito correttamente e nel pieno rispetto della legge". Sempre a Torino erano in programma due udienze dedicate al secondo "binario" seguito dalla procura. Uno era la richiesta di messa alla prova presentata da Elkann (dopo il versamento all'erario di circa 180 milioni di euro) per uscire dal processo. L'altro era la proposta del commercialista Gianluca Ferrero di patteggiare una pena pecuniaria di 73 mila euro. Entrambe sono state aggiornate al prossimo anno. "Problemi tecnico-giuridici", ha dichiarato all'uscita uno degli avvocati. Negli ambienti del Palazzo di giustizia torinese circola l'idea che "l'imputazione coatta" ordinata dal gip Borretta abbia rimescolato le carte in tavola creando un guazzabuglio di non facile soluzione per il tribunale subalpino. Le difese restano comunque fiduciose. "La scelta di John Elkann di aderire a un accordo - dicono i legali - non implica alcuna ammissione di responsabilità ed è stata infatti ispirata solo dalla volontà di chiudere rapidamente una vicenda personale molto dolorosa, tanto più dopo aver definito con l'Agenzia delle Entrate ogni possibile controversia attinente i tributi potenzialmente gravanti sui fratelli Elkann in qualità di eredi di Donna Marella Agnelli".