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Coronavirus, va a prendere la moglie invalida dopo il turno in ospedale: multa da 530 euro

I vigili non hanno ritenuto valide le giustificazioni dellʼuomo. La coppia ora presenterà ricorso davanti al prefetto

bari polizia locale

Stava andando in ospedale a prendere sua moglie, una 60enne invalida al 46% impiegata come operatrice sociosanitaria in Terapia intensiva cardiochirurgica all'ospedale San Raffaele di Milano, quando è stato fermato dalla polizia locale. Ha spiegato le ragioni del suo spostamento al di fuori del proprio comune, ossia il fatto che, per via di alcune patologie, la moglie non riesce a camminare bene e quindi voleva evitarle di prendere i mezzi pubblici, ma gli agenti gli hanno comunque fatto una multa da 533 euro. E' accaduto a Vimodrone, nel Milanese.  

L'episodio è accaduto lo scorso 3 aprile. Dopo il verbale, l'uomo, un 59enne di origine peruviana in Italia da diversi anni, si è ripresentato, insieme alla moglie, davanti alla pattuglia: la 60enne ha mostrato il tesserino dell'ospedale, ha spiegato di avere appena finito il turno di lavoro (fa anche servizio extra per via dell'emergenza coronavirus) e di avere difficoltà a prendere i mezzi per ritornare a casa, a Cernusco sul Naviglio. Anche in questo caso, però, niente da fare.

 

A questo punto, la coppia si è rivolta a un legale, l'avvocato Simone Ciro Giordano, che qualche giorno dopo ha inviato alla polizia locale di Vimodrone i certificati medici che attestano le patologie della donna, che è in attesa di essere operata. Ma lo scorso 18 aprile, al telefono, la polizia locale ha comunicato al legale di avere già inviato il verbale in prefettura. Ora, dunque, i coniugi dovranno fare ricorso davanti al prefetto.

 

Gli agenti negano di aver saputo dall'uomo dell'invalidità della donna. "Un uomo ha chiamato gli uffici qualificandosi come legale dei signori, e ha accennato alla difficoltà della donna a camminare. E’ stata quella la prima volta in cui ne abbiamo sentito parlare", ha spiegato al Giorno il comandante Giovanni Pagliarini, che a quel punto ha indicato all'avvocato "l’unica strada possibile ad accertamento concluso: la pronuncia del prefetto".
 

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